Si intensifica la discussione a proposito di pensioni e fisco in vista della prossima Legge di stabilità. In seno al Governo e alla maggioranza le idee sono confuse non meno che nel resto della collettività. Si discute di flessibilità nel pensionamento; si annuncia l’intenzione di elevare a 100 Euro il bonus degli 80 erogato al lavoro dipendente e darne 80 ai pensionati al minimo, il sottosegretario Zanetti propone uno sconto “dai 200 ai 400 euro al mese di tasse per circa 6 milioni di italiani.” Destinatari il ceto medio. Intanto il 22 aprile c’è stato un nuovo presidio degli esodati dei quali 24mila sono tutt’ora senza pensione e senza lavoro. L’entità della spesa, a seconda delle proposte, varia da un minimo di 2 miliardi e mezzo (gli 80 euro ai pensionati al minimo) ai “9 miliardi il primo anno e 12 miliardi a regime” per le proposte di Zanetti.
Con un 10% della spesa minima ipotizzata si può realizzare un intervento ben più rilevante ed urgente per le famiglie che più di tutte vivono una condizione di disagio: quelle che combattono con il problema della non autosufficienza ricorrendo alla soluzione badante. La proposta è uno sconto fiscale corrispondente alla deduzione dal reddito di tutta la spesa omogeneizzata all’aliquota del 27%.
Un’offerta di tale rilievo alle famiglie sarebbe un sostegno rilevante alla loro condizione e non sarebbe un costo secco. Avrebbe l’effetto di portare alla regolarità una fetta del lavoro nero stimabile in 350-400mila rapporti e cioè meno della metà di quelli sommersi. Il Censis stima “il risultato finale degli effetti diretti e indiretti pari a un costo per lo Stato di 72 milioni di euro” (ricerca fatta per Assindatacolf). Il Forum del terzo settore è meno ottimista e stima “un maggior esborso pubblico di circa 250 milioni di euro annui.” E prevede un aumento “al calcolo del PIL di almeno 0,30-0,40 punti percentuali, e al calcolo degli occupati per circa 2 punti percentuali.” In Parlamento c’è una proposta di Legge (N. 3363 primo firmatario Patrizia Maestri) che va nella direzione , ma è molto timida e quindi avrebbe effetti scarsi.
Non sto a commentare il disagio che si vive in una famiglia che affronti questo problema, ancor più grave quando abbinato a condizioni di povertà o solitudine della persona inabile spesso anziana, ma non solo. Siamo a circa 3 milioni di soggetti in crescita. Il tema si intreccia molto con quello della immigrazione. Badanti sono prevalentemente donne immigrate.
Gli interventi da organizzare sono molti: – un adeguamento della Assistenza domiciliare con superamento della separazione tra sistema sanitario (in capo alle Regioni) e quello socio-assistenziale (in capo ai Comuni) che spesso non si parlano; un adeguamento del sistema contrattuale del lavoro domestico che per esempio renda praticabile il part time per la badante e la paga oraria conglobata per la colf a ore; – un intervento sui sistema abitativo che offra una gamma di soluzioni a chi intenda destinare alla propria cura il patrimonio abitativo che oggi vede come unica soluzione praticabile la vendita della nuda proprietà. Si potrebbero avere il mini appartamento con tutta la domotica necessaria in soluzioni di housing sociale, case famiglia che organizzino la convivenza di 6-7 anziani autosufficienti accuditi da 2-3 badanti (anche la condizione di queste lavoratrici potrebbe migliorare uscendo dalla “prigionia” della convivenza); – un ruolo rinnovato per le coop sociali e agenzie (e perfino i condomini) che intervengano nel mercato privato dell’assistenza anche verificando l’efficacia di accordi come quello recente da noi stipulato che regolamenta i co.co.co. per le emergenze.
I ragionamenti possono essere tanti compresa una riforma dell’indennità di accompagnamento che potrebbe ispirarsi al modello francese. E si può ragionare sulla esperienza tedesca dove si è dato vita a una forma di assicurazione obbligatoria.
Si discorre molto di welfare aziendale e anche mutualistico territoriale. L’enfasi è molta; bisogna mettere la discussione con i piedi per terra anche nella relazione con i Fondi sanitari integrativi e la previdenza complementare.
In questo mondo operano oltre 2 milioni di familiari che si dedicano all’assistenza anche a tempo pieno. Li chiamiamo caregiver. Non è accettabile che questa realtà resti in ombra. E’ nato un associazionismo di queste persone e un recente disegno di Legge (N. 3527 primo firmatario Patriarca) ne propone riconoscimento e sostegno. Anche per queste persone vanno adottate misure innovative (per esempio il diritto ad una aspettativa dal lavoro per i periodi dedicati alla cura e la copertura figurativa ai fini della pensione). Taluni contratti già prevedono un diritto alla aspettativa (2 anni nel Contratto tessili), mentre non ci sono coperture previdenziali che, nel caso in questione, sarebbero un costo secco senza compensazioni. Ma, come abbiamo visto, i soldi pare che si trovano anche per cose meno importanti e urgenti.
Presidente associazione Professione in Famiglia. Ha fatto parte della segreteria nazionale FILTEA divenendone, nel 1986, segretario generale. Nel 1991 viene eletto segretario generale della FILCAMS. In seguito, nel 1999, diventa segretario generale della CGIL siciliana, incarico che ha ricoperto fino alla nomina di Presidente del Patronato INCA-CGIL. E’ stato consigliere del Cnel nell’VIII consiliatura. Autore di “Risultati e problemi del tesseramento e del finanziamento del sindacato”, su Quaderni di Rassegna Sindacale e “Scelte organizzative e democrazia sindacale” nella collana Proposte dell’Editrice sindacale italiana.