di Pietro Ichino
Dice di voler tagliare la parte non guadagnata delle pensioni più alte, ma nello stesso tempo ripristina privilegi pensionistici passati e finanzia un lauto prepensionamento di piloti e hostess con una sovrattassa sui biglietti aerei
Nel modo in cui il Governo affronta la questione delle “pensioni d’oro” c’è davvero troppa demagogia e, soprattutto, pochissima coerenza.
Il ministro Di Maio dice di voler tagliare “la parte non guadagnata” delle pensioni più alte, cioè quella non coperta da contribuzione, perché – dice – è intollerabile che si accollino alla collettività, quindi alle generazioni future, dei privilegi dei sessanta-settantenni di oggi, retaggio di ingiustizie passate.
Dalle prime indiscrezioni, però, risulta che il ministro stia preparando un taglio indiscriminato di quelle pensioni elevate, che non tiene alcun conto di quanto di esse è coperto da contribuzione e quanto no.
So anch’io che tenerne conto è molto problematico, per la difficoltà di mettere insieme tutti i dati necessari; ma un taglio che prescinda da quei dati è sicuramente incostituzionale.
Dalle stesse indiscrezioni risulta poi che nella contro-riforma delle pensioni collegata alla legge finanziaria il ministro stia inserendo la possibilità una tantum per il 2019 (!?!) di andare in pensione con “quota 100”, cioè anche senza i requisiti posti dalla riforma Fornero del 2011, e di andarci per di più con la rendita calcolata secondo il criterio retributivo e non quello contributivo.
Dunque, di nuovo, con una cospicua parte di pensione “non guadagnata”. Proprio quel privilegio per i sessantenni di oggi, a spese delle generazioni successive, che il ministro dice di voler combattere.
Ma nello stesso provvedimento c’è anche di peggio: una norma che consente a piloti d’aereo e assistenti di volo di anticipare a 60 anni una pensione calcolata col sistema retributivo; il che significa pensioni che in qualche caso arrivano ai 300mila euro annui, in molti casi ai 150mila. Con quali soldi? Con quelli del “Fondo Volo”, alimentato con una sovrattassa di tre euro a carico di chiunque parta da un aeroporto italiano, resa ora “strutturale”.
Ministro Di Maio, con quale capriola comunicativa conta di riuscire a giustificare questo incredibile guazzabuglio?
Già senatore del Partito democratico e membro della Commissione Lavoro, fa parte della presidenza di Libertàeguale. Ordinario di Diritto del lavoro all’Università statale di Milano, già dirigente sindacale della Cgil, ha diretto la Rivista italiana di diritto del lavoro e collabora con il Corriere della Sera. Twitter: @PietroIchino