Intervista a Stefano Ceccanti a cura di Pierluigi Mele
La prestigiosa casa editrice cattolica “Morcelliana” ripubblica, in una nuova
edizione, un’opera classica del grande filosofo francese Jacques Maritain:
Riflessioni sull’America. Il saggio, appena uscito nelle librerie, verrà presentato
Giovedì 19 maggio 2022, alle ore 16, nella Sala del Refettorio, Biblioteca della Camera dei deputati a Palazzo S. Macuto, a Roma. Saranno presenti oltre al curatore e parlamentare Stefano Ceccanti, Francesca Bazoli, presidente editrice Morcelliana; Emilce Cuda, segretaria pontificia Commissione per l’America Latina, Florence Mangin, ambasciatrice di Francia presso la Santa Sede, Joseph Simon Donnelly, ambasciatore degli Stati Uniti d’America presso la Santa Sede. Il dibattito sarà moderato da Matia Antonetta Calabrò, giornalista Huffpost.it. Il saggio di Maritain offre davvero molti spunti, validi anche oggi, sulla democrazia. Con il curatore, in questa intervista, evidenziamo alcuni elementi fondamentali.
Professore, siamo in una fase storica molto delicata. La guerra in Ucraina ha enfatizzato drammaticamente il conflitto tra autocrazie e democrazie. Cosa può dire, ancora oggi, il Maritain filosofo della democrazia?
Maritain è prezioso proprio per i suoi limiti originari, perché non nasce democratico e pluralista. Nasce dentro una visione di Chiesa che sosteneva l’equidistanza teorica tra le varie forme di Stato e, nel caso francese, dentro una forte polemica tra laicisti e clericali. Ci guida nel suo percorso personale verso l’idea di un’opzione preferenziale per la democrazia che sarà poi formalizzata dal Concilio Vaticano II. Proprio grazie alle sue contraddizioni di partenza, quelle di tutta la Chiesa, aiuta la comunità ecclesiale a superarle. Parte quindi da concetti di compromesso, come quello di democrazia (in fondo dentro la democrazia si poteva far pesare il peso sociale della Chiesa, ancora rilevante) ad una strategica, all’idea che il pluralismo non sia una perdita rispetto a un’unità pre-esistente, ma una condizione permanente della società e della politica.
Sappiamo che Maritain ha dedicato alla democrazia ben tre opere: Cristianesimo e democrazia, L’uomo e lo Stato e Riflessioni sull’America. Possiamo dire che il pensiero ha avuto una evoluzione, cioè è passato da essere il filosofo della “democrazia cristiana” a “filosofo della democrazia”?
Sì, perché, come rilevato da Etienne Borne, nell’esperienza americana non parte da una dottrina astratta come negli anni ’30, da un’esigenza di raccogliere i cristiani e poi intorno ad esse altri in una logica quasi egemonica della costruzione intorno ad essi di una maggioranza (la “nuova cristianità”. Nuova ma pur sempre cristianità), ma si muove prendendo atto di una società composta da varie minoranze e da vari livelli di Governo su cui innestare progetti di cambiamento, un “umanesimo eroico”, col concorso potenziale di tutti. L’ispirazione evangelica è alla base del suo impegno, ma l’istituzione ecclesiastica non è al centro, come aveva ben spiegato Leopoldo Elia. La sua influenza ed eredità sta più nelle parti di principio dei testi costituzionali italiani e francesi, nella Dichiarazione Onu del 1948 che non in partiti.
Perché è così importante l’esperienza americana per Maritain?
Perché mentre storicamente sul Continente la democrazia si impone alla Chiesa, in origine legata a doppio filo con l‘Ancien Règime e poi tentata di privilegiare il rapporto strumentale con i regimi autoritari di destra, pronti a dare spazio all’istituzione ecclesiastica, compreso quello di Vichy, rispetto alle incertezze del libero gioco delle società aperte, in America invece religione e libertà nascono alleate, il pluralismo anche religioso è un dato da cui partire. La storia pesa di meno negli Usa, dice Maritain, ma questo è anche una risorsa, a favore di una memoria più immediata sulle basi del diritto comune.
Maritain vede differenze tra “democrazia americana ” e “democrazia europea”? Qui si tocca iĺ fondamento dell’Occidente….
Nell’esilio, come chiarito bene nell’altro scritto, “Per una politica più umana”, Maritain è affascinato dalla realizzazione dello Stato sociale rooseveltiano e quindi pensa che anche in Europa si debba seguire una strada analoga per espandere l’integrazione dei cittadini nello Stato. Conseguentemente in termini di forma di governo Maritain pensa che quell’ampliamento dei fini e della base dello Stato abbia bisogno di esecutivi forti, stabili e direttamente legittimati dal corpo elettorale. Poi dobbiamo sempre tener presente la dimensione di scala: la comparazione più corretta è quella tra Usa ed Europa e qui Maritain, comprendendo bene la doppia sovranità americana, federale e statale, aiuta la politica europea ad accompagnare la creazione di istituzioni sovranazionali.
Sul Presidenzialismo cosa direbbe il nostro autore?
Più che direbbe, cosa dice esplicitamente. Maritain, che aveva un ottimo rapporto col generale De Gaulle, capo della Resistenza, è esplicitamente fautore di un sistema semi-presidenziale analogo a quello varato in Francia nel 1962: un Presidente eletto direttamente che nomina un Primo Ministro con rapporto fiduciario con un Parlamento eletto con l’uninominale maggioritario. Però possiamo dire che a Maritain non interessava tanto la declinazione puntuale degli assetti istituzionali, quanto la coerenza tra forma di Stato e forma di Governo. Se io chiedo allo Stato di far valere principi forti poi non posso avere Governi deboli come quelli della III Repubblica, che erano stati alla base della sconfitta bellica. Quel testo di Maritain “Per una politica più umana” fu molto letto negli ambienti della Fuci e delle Acli dei primi anni ’90, nutrirono il movimento referendario per la riforma elettorale.
Il testo di Maritain, che lei ha rieditato, per i cattolici italiani non è stato tra le principali fonti di ispirazione politica. Oggi può esserlo? In che misura?
E’ utile a rimuovere qualsiasi forma di antiamericanismo, anche cattolico. Al di là delle differenze storiche e di quelle degli interessi nazionali, che certo esistono, ciò che ci lega, l’esperienza della libertà, è indubbiamente un comune orizzonte di valori. In questo senso De Gasperi, Schuman e Adenauer, tutti e tre legati a Maritain, sono la prosecuzione di questa idea: l’Unione europea e l’Alleanza Atlantica fanno parte di un unico disegno, non si possono contrapporre e così anche la collaborazione delle democrazie dentro l’Onu, alla cui Dichiarazione dei diritti Maritain lavorò attentamente e profondamente. Il maritainismo porta al multilateralismo, a imbrigliare le sovranità nazionali prima assolute, ma non al multipolarismo, all’idea che Usa e Ue vadano intesi come poli separati, col secondo, la Ue che così risulterebbe indebolita rispetto a Russia e Cina. Un tempo si sarebbe detto una Ue costretta alla finlandizzazione, ad essere debole con le autocrazie orientali in cambio dell’essere lasciata in pace sulla politica interna, ma oggi la Finlandia vuole entrare anche nella Nato e questo qualcosa dice sulla linea di frontiera tra democrazie e autocrazie. L’espressione ‘mondo libero’ suona retorica perché conosciamo molto bene i limiti dei nostri sistemi, ma coglie comunque un dato reale. Maritain è per noi un riferimento alla base del degasperismo su cui si deve ancora basare la nostra politica estera ed europea.
Il messaggio evangelico come si inserisce, secondo Maritain, in una democrazia?
Opera come ispirazione dal basso, affidato alla libertà delle persone e delle comunità, come nell’esperienza americana, destinata ad essere quella pilota, non come il riflesso della forza di un’istituzione ecclesiastica.
Come si porrebbe, secondo lei, di fronte al messaggio forte di Papa Francesco sulla guerra?
Maritain era un resistente, era rimasto negli Usa (lo scoppio della guerra lo aveva colto in Canada) contro il regime collaborazionista di Vichy anche per salvare la moglie ebrea Raissa, che aveva anche un vasto consenso cattolico. Da lì collaborò da intellettuale alla Resistenza della Francia Libera che operava coraggiosamente sul territorio e immaginava anche future istituzioni sovranazionali. Condivideva quindi con Mounier la doppia scelta, quella immediata verso la resistenza anche armata al male contro il pacifismo astratto e quella di prospettiva per istituzioni multilaterali, antidoto al bellicismo. Di fronte ad autorità democratiche, quelle dell’Impero inglese ma anche quelle di alcuni Stati americani, Maritain raccomandava lo studio e l’implementazione dei modelli non violenti e di resistenza passiva di Gandhi e Luther King perché potevano essere particolarmente efficaci. Tuttavia non erano quelli che aveva ritenuto utilizzabili contro Hitler e contro Pétain. Credo quindi che ci inviterebbe a prendere sul serio la sapienza di Papa Francesco, che attinge a un’istituzione bimillenaria e a una diplomazia di altissimo valore, ma che ci inviterebbe anche a prenderci le nostre responsabilità autonome sulla base della nostra cultura politica consolidata, quella che da De Gasperi e a Schuman origina anche da lui e da queste sue Riflessioni sull’importanza delle democrazia americana, quella dello sbarco in Normandia.