LibertàEguale

Quante reticenze su Tobagi, un “mite socialista cristiano”

di Luigi Covatta

 

Il 40° anniversario dell’assassinio di Walter Tobagi non è passato sotto silenzio. Il Corriere della Sera ha anche pubblicato in volume alcuni suoi articoli che ne documentano la formazione e l’attività professionale[1]. Non è mancata, però, la reticenza. Lo stesso Presidente della Repubblica lo ha genericamente definito “un democratico” ed “un riformatore”, quasi a diluirne l’identità di socialista riformista: un’identità che invece avevano ben presente i suoi assassini.

Con me ne parlò l’ultima volta che ci vedemmo, poche settimane prima dell’attentato. Lo turbava che nelle polemiche in corso in seno al sindacato dei giornalisti le sue opinioni venissero liquidate in quanto “craxiane”, e mai discusse nel merito: e temeva le conseguenze di quel clima d’odio settario (ormai anche le più estreme, mi sembrò di capire).

Di reticenze, del resto, è caratterizzata anche la vicenda giudiziaria seguita al suo assassinio. Basti pensare che i colpevoli hanno fatto solo tre anni di carcere, grazie ad un turbine di pentimenti e di accorpamenti processuali. Ma soprattutto perché venne nascosta una informativa raccolta dai carabinieri attraverso un loro confidente, nella quale si preannunciava l’obiettivo di assassinare Tobagi e si fornivano gli elementi per individuare i responsabili.

Nel 1983 l’informativa fu resa nota dall’Avanti!, ma nel 1985 Intini per averlo fatto venne condannato per diffamazione: e quando Craxi, allora presidente del Consiglio, gli espresse solidarietà, il Csm si convocò per censurarlo, e toccò a Cossiga mandare i corazzieri a Palazzo dei Marescialli per impedire la riunione.

Ma anche Renzo Magosso, uno dei fondatori della corrente sindacale guidata da Tobagi, a distanza di anni scrisse le stesse cose, aggiungendo nuove, importanti e inquietanti testimonianze: ed anche Magosso è stato condannato. Ha però presentato ricorso alla Corte di Giustizia Europea, che gli ha dato pienamente ragione confermando la verità di quanto scritto e condannando pertanto lo Stato italiano al risarcimento[2].

Walter invece non era reticente: né quando, da ragazzo, opponeva la fiducia in un “mite socialismo cristiano” alle pulsioni rivoluzionarie che il rampollo di una facoltosa e potente famiglia milanese aveva esternato sulla Zanzara; e né quando, in quelli che sarebbero stati i suoi ultimi giorni, scriveva sul Corriere che i brigatisti non erano “samurai invincibili”.

Sapeva anche, però, che non erano “sedicenti”, e che non andavano neanche confusi con i teppisti dell’Autonomia operaia, come aveva fatto il giudice Calogero con la retata del 7 aprile 1979: e lo sapeva perché studiava e si documentava[3]. Ma era anche capace, come deve essere un giornalista, di tradurre in parole semplici i risultati delle sue ricerche e di quelle altrui. Al Congresso del Psi del 1978, per esempio, mentre io mi arrampicavo nell’empireo per spiegare i contenuti del Progetto socialista, colse subito l’essenziale. “Avete fondato la socialdemocraxia”, disse e poi scrisse sul Corriere: per comunicare l’approdo del Psi al socialismo europeo, e contestualmente evidenziare l’indissolubile legame delle sue fortune con quelle della leadership di Craxi.

Era un “socialista cristiano”, come del resto emblematicamente testimoniava il suo curriculum professionale, cominciato all’Avanti! e proseguito ad Avvenire: ed in quanto tale (con lo pseudonimo di Palmiro Fiorelli[4]) non faceva mancare il suo contributo ai fogli – da Settegiorni ad Alternativa – coi quali molti di noi, a cavallo fra i Sessanta e i Settanta, cercavano senza successo di promuovere l’incontro del cattolicesimo sociale con il socialismo italiano. Prevalse invece il compromesso storico: e forse è giunto il momento per prendere atto di che lacrime grondi e di che sangue la successiva storia d’Italia anche grazie a quelle remote vicende.

 

[1] Poter capire, voler spiegare, a cura di G. Schiavi, con interventi di Ferruccio De Bortoli, Benedetta Tobagi, Venanzio Postiglione, Piergaetano Marchetti, Francesco Cevasco, Marzio Breda, Pierluigi Battista, Paolo Di Stefano, Paolo Foschini, Luigi Ferrarella, Isabella Bossi Fedrigotti, Aldo Cazzullo, Dario Di Vico, Fiorenza Sarzanini, Umberto Ambrosoli, Antonio Ferrari e Giovanni Bianconi.

[2] Ho recentemente denunciato l’episodio insieme con il segretario del Psi Enzo Maraio e con il direttore dell’Avantionline Mauro Del Bue, mentre Riccardo Nencini ha presentato un’interrogazione parlamentare in proposito.

[3] Già nel 1970 (a 23 anni) aveva pubblicato con Sugarco una Storia del movimento studentesco e dei marxisti leninisti in Italia.

[4] Allora il contratto dei giornalisti veniva minutamente rispettato anche per quanto riguardava l’esclusiva.

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