di Jean-Philippe Derosier
Il 4 ottobre la Quinta Repubblica francese festeggia 60 anni. Ricordiamo questo compleanno pubblicando un articolo tratto dalla piattaforma online del quotidiano Le Monde. Traduzione di Stefano Ceccanti.
Senza accusarla di tutti i mali, la Quinta Repubblica francese è associata a molte parole: squilibrata, antidemocratica, iper-presidenziale, colpo di stato permanente, Parlamento schiacciato. Chi fa queste affermazioni dimentica che in sei decenni di esistenza e nel momento in cui soffia la sua sessantesima candelina, la Costituzione della Quinta Repubblica è cresciuta nella maturità, nella democrazia e nella modernità.
L’equilibrio delle istituzioni…
Le sue istituzioni hanno raggiunto un equilibrio. Il Consiglio costituzionale si è affermato quale guardiano della Costituzione, grazie ai diritti costituzionali e alle libertà che preserva, all’opposizione parlamentare che può adirlo, alla “questione prioritaria di costituzionalità” che chiunque può sottoporgli. Il Senato agisce come un’opposizione costruttiva, sebbene a volte percepita come abusiva da coloro a cui oppone resistenza; ma è proprio questo il suo ruolo, e il fastidio che suscita è comprensibile.
L’Assemblea nazionale conosce la razionalizzazione, che a volte viene confusa con la sottomissione, ma che le consente di sostenere e influenzare un programma scelto dagli elettori e di non pesare più su nessuna politica in modo inopportuno e opportunistico.
Il governo conosce la stabilità di cui ha bisogno per governare, cioè per dirigere. Il primo ministro ha incontrato una legittimità variabile, ma sempre effettiva, sia diretta nella coabitazione, sia pseudo-diretta all’inizio del mandato presidenziale (perché, accompagnando il presidente nella sua vittoria, si impone a lui) o indiretta, alla fine del mandato presidenziale (perché è scelto dal Presidente che lo impone agli altri).
Infine, il Presidente della Repubblica si è affermato quale leader politico dello Stato, rispondendo così ai desideri dell’elettorato, costantemente rinnovati e confermati.
… oltre la nostalgia del passato
Nostalgici del passato, stanchi di una politica che non riescono a contestare durante le elezioni, alcuni biasimano la Quinta Repubblica per i suoi eccessi, la leadership presidenziale, il Parlamento incapace di opporsi o il Primo Ministro cancellato. Come se i ventiquattro Governi succedutisi in solo dodici anni durante la Quarta Repubblica fossero meno eccessivi. Come se un capo di governo in balia di un’assemblea incontrollabile fosse più assertivo. Come se la democrazia fosse solo il demos, il popolo e la sua rappresentazione in tutta la sua diversità, dimenticando il kratos, il governo e la necessità di prendere decisioni mentre dirige gli affari del paese.
Altri sostengono che gli strumenti di razionalizzazione (come il ricorso all’articolo 49 comma 3 della Costituzione o il diritto discrezionale di scioglimento), abbinati al fatto maggioritario, apparso nel 1962 e che garantisce l’esistenza di una maggioranza chiara e stabile nell’Assemblea nazionale, non sarebbero più adatti per una democrazia parlamentare di oggi.
Eppure, cosa è più democratico dell’elezione popolare di chi è chiamato a guidare la politica della Nazione durante un mandato di cinque anni? Che cosa c’è di più parlamentare della conferma (o smentita) del potere del Presidente e della sua estensione nelle elezioni legislative? Perché è il Presidente della Repubblica, eletto per primo a suffragio universale diretto, che stabilisce la politica che si impegna a seguire, perseguire e attuare durante il suo mandato.
E sono proprio le elezioni legislative che confermeranno, rafforzeranno o invalideranno l’estensione del potere presidenziale, in base all’importanza e alla natura della maggioranza che nasceranno. Se la maggioranza è assoluta, il potere sarà lo stesso (o quasi), ma durerà solo per un po’ e, di nuovo, sarà la volontà degli elettori. Se è solo relativa, acquisita di poco o come risultato di una coalizione, il potere sarà a sua immagine, come gli elettori hanno desiderato. Come sempre.
È bello mostrare maturità, qualità democratiche e modernità. Anche di saggezza, a cui la Quinta Repubblica, con i suoi dodici lustri, è in diritto di pretendere. Ed è innegabilmente saggio essere consapevoli che possiamo ancora evolvere, rafforzare la democrazia, rafforzare la sua modernità.
Una Costituzione matura, ma soprattutto efficace
Ovviamente sarebbe presuntuoso fingere che la nostra Costituzione sia perfetta e che nulla debba essere cambiato. Può ancora crescere in maturità, invitando i politici ad assumersi maggiori responsabilità ed i parlamentari a essere più rigorosi. Può anche rafforzare la democrazia, garantendo una migliore rappresentatività, in particolare al Senato. Può sempre essere modernizzata, sfruttando appieno il digitale, per renderlo uno strumento, una risorsa e persino un attributo della democrazia.
Ma anche se celebra il sessantesimo “autunno” dalla sua promulgazione, l’età della pensione non è certamente arrivata. E se dovessimo essere rimproverati qui per un entusiasmo traboccante, anche eccessivo, risponderemo che è pienamente consapevole, in questo anniversario, rispetto ad istituzioni che funzionano in modo efficace.
Perché questa Costituzione sa come rispondere alle aspettative degli elettori, senza offesa per chi la contesta: è il loro diritto più prezioso e rispettabile, ma non convince la maggioranza, almeno fino ad oggi. Tuttavia ascoltarli per evolvere significa ancora mostrare saggezza e promettere una maggiore longevità alla Quinta Repubblica.
Costituzionalista. Professore di Diritto Pubblico all’Università di Lille. Animatore del blog La Constitution décodée per il quotidiano Le Monde.