di Natale Forlani
Rammentate i proclami dei mesi scorsi:
– “con il reddito di cittadinanza verranno creati almeno 1 mln di nuovi posti di lavoro” (prof. Tridico, il novello Keynes del terzo millennio);
– “per l’effetto di quota 100 saranno generati 1 mln di posti di lavoro” ( Matteo Salvini e Gigetto Di Maio, i mecenati del nuovo rinascimento italiano).
Milioni su milioni: applausi, festa sul balcone, sarà un anno meraviglioso… e la lira s’impenna.
Un vero peccato che la moneta sia l’euro.
Brutto risveglio il Def: aumenteranno i disoccupati e non ci sarà alcun contributo alla crescita economica, anzi… dobbiamo trovare 40 mld per far fronte all’incremento del deficit. Triste preannuncio di un nuovo salasso fiscale e di nuovi tagli alla spesa pubblica.
E tutto questo lo dice il governo con tanto di documento ufficiale. E non i critici del governo, che nell’occasione si sono limitati ad evidenziare come tali previsioni siano persino da considerare ottimistiche.
E ci voleva tanto a capirlo… puoi aumentare i sussidi al reddito e favorire i pensionamenti per motivi di equità, ammesso e non concesso che questa sia una caratteristica dei provvedimenti in questione. Ma non è mai capitato nella storia, in Italia come in altri paesi, che tali misure abbiano favorito la crescita dell’ occupazione, e tantomeno un incremento del reddito nazionale.
L’evidenza storica dimostra invece che l’eccesso di sussidi, rispetto al valore dei salari correnti, produce un aumento della disoccupazione. Il reddito di cittadinanza italiana sembra appositamente studiato per produrre questo risultato.
Gli esodi pensionistici attivano una diminuzione certa della occupazione, e del reddito disponibile per gli interessati, ma non esiste nessuna relazione diretta tra questi esodi e il tourn over delle imprese. Basta guardare le serie storiche per comprendere come la crescita dell’occupazione avvenga, in grande prevalenza, in settori diversi da quelli interessati dagli esodi pensionistici.
Fate una breve analisi delle domande inoltrate per accedere alle pensioni con quota 100. Provengono per il 35% dal pubblico impiego, per il 15% dal lavoro autonomo, e per la larga parte del settore dipendente privato dalle grandi aziende manufatturiere e dei servizi, in particolare banche, telecomunicazioni, trasporti, che da decenni registrano riduzioni di personale.
Per finanziare queste operazioni scellerate, sono state sottratte risorse agli investimenti e generate nuove incertezze per il sistema del credito e dei nostri risparmi, per un valore equivalente ad almeno 70-80 mld, di 10 volte superiore al potenziale di reddito aggiuntivo introdotto con la legge di stabilità 2019.
Nonostante tutto questo, c’è ancora chi confida nell’esito delle elezioni europee, con la speranza che il successo dei cosiddetti partiti sovranisti, consenta agli italiani di aumentare i debiti, se non addirittura di stampare nuova moneta e vendere l’oro della Banca d’Italia.
Avanti o popolo alla riscossa, ancor due passi e siam nella fossa…
Natale Forlani è stato segretario confederale della Cisl e ad di Italia Lavoro (Agenzia strumentale del Ministero del Lavoro, della quale ha assunto anche la carica di presidente nel 2009). Già direttore generale dell’Immigrazione del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, è stato estensore, insieme a Marco Biagi ed altri autori, del Libro Bianco sul Lavoro.