di Elisabetta Corasaniti
Luigi Di Maio a “di Martedì”, ha annunciato la volontà del governo di dare veloce attuazione a due riforme costituzionali previste nel sedicente “Contratto per il Governo del Cambiamento”: ‘Noi e la Lega presenteremo una proposta di legge costituzionale: taglieremo 345 parlamentari’.
Il giorno dopo, il ministro Fraccaro annuncia: “sono stati depositati sia alla Camera che al Senato i disegni di legge costituzionale per la riduzione del numero di Deputati e Senatori e l’introduzione del referendum propositivo. […] Inizia una nuova era per l’Italia, all’insegna dell’efficienza e della partecipazione[…] Questi sono i primi pilastri del cambiamento che stiamo realizzando per portare l’Italia nella Terza Repubblica che vede al centro i cittadini e i loro diritti. Così, gli italiani potranno essere parte attiva della vita politica, approvando direttamente le leggi che ritengono prioritarie ed esercitando un maggior potere di controllo sui loro rappresentanti.”
Il sedicente ”cambiamento”
- In primis, fa sorridere il contrasto logico per cui il Governo del “cambiamento” ha preso:
- Dalla bicamerale di D’Alema, il taglio del numero dei parlamentari, scegliendo la medesima strada del mantenimento di un Senato elettivo.
- Dalla Riforma Costituzionale Renzi – Boschi, l’introduzione del referendum propositivo.
Al conduttore Giovanni Floris che gli faceva notare sarcasticamente come l’ex premier Matteo Renzi avrebbe probabilmente apprezzato la misura, Di Maio ha risposto secco: “Meglio non infierire”.
2. Inoltre, appare evidente (almeno in questa fase) come l’esecutivo si presenti quale principale attore delle futuribili riforme.
Eppure,correva l’anno 2016, il 25 novembre per l’esattezza, quando Di Maio (dopo aver paragonato Renzi a Pinochet, collocando peraltro il dittatore in Venezuela e non in Cile) chiosava: “questa riforma non l’aveva chiesta nessuno, non era in nessun programma elettorale e soprattutto non è il governo a dover fare la riforma della Costituzione. Calamandrei diceva che quando il parlamento discute la riforma della Costituzione, il governo non dovrebbe stare tra i banchi del governo.”
E il bicameralismo paritario?
Appare lecito sperare che il governo chiarisca quanto prima se, con questa misura, intende intervenire sul bicameralismo paritario (un unicum nel mondo o quasi, che di perfetto ha ben poco). Ricordo che nessuna seconda Camera nelle democrazie parlamentari europee dà (o toglie) la fiducia al governo! E che quasi nessuna seconda Camera è elettiva.
Purtroppo, sembra improbabile che questo tema così aspramente criticato non meno di due anni fa (a difesa della costituzione più bella del mondo), possa divenire ora centrale nell’ottica di un programma di revisione costituzionale.
Capovolgere la logica di fondo della democrazia rappresentativa?
Come l’on. Prof. Ceccanti rilevava nella proposta di legge che porta il suo nome (modifica dell’articolo 71 della costituzione con introduzione del referendum propositivo)
“Prima di fare proposte concrete bisogna però rispondere preventivamente ad un quesito: si intende continuare a concepirli (gli strumenti di democrazia diretta, ndr) come strumenti correttivi dentro una democrazia che è e resta fondamentalmente rappresentativa o si pretende invece di capovolgere la logica di fondo dell’ordinamento? “
Ergo: la modifica della disciplina referendaria si caratterizzerà come un modo per dare sostanza alla partecipazione attiva dei cittadini al processo di costruzione delle leggi, pur restando nell’alveo della democrazia rappresentativa?
Nella pratica quali sono i limiti riconosciuti al referendum propositivo?
L’introduzione del referendum proposito era stato concepito, nella riforma Renzi – Boschi, come ‘strumento correttivo della democrazia rappresentativa’ e dunque entro certi, definiti limiti.
In primis, la Carta Costituzione con chiarezza impedisce il referendum abrogativo per «le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali» (art 75). Occorre ricordare inoltre, che non è possibile abrogare con il referendum le disposizioni costituzionali, perché sono gerarchicamente superiori alla legge ordinaria e quindi abrogabili solo attraverso il procedimento previsto dall’art. 138 della Costituzione.
Eppure, la riforma prevedeva anche l’abbassamento del quorum al 50% dei votanti alle ultime elezioni della Camera. Dunque, non un’abolizione pura e semplice del quorum!
La limitazione era stata pensata per impedire la cdd ‘’dittatura della minoranza’’, ovvero sia che importanti leggi possano essere abrogate da una minoranza nel disinteresse generale della maggioranza del corpo elettorale.
Un rischio che con la proposta Fraccaro ritorna intatto?
Il rischio è un Parlamento depauperato della funzione legislativa
In che modo, oltre i proclami, intendono allargare o restringere le maglie del referendum propositivo così come concepito nel 2016?
In occasione del referendum del 4 dicembre 2016 erano già stati attentamente analizzati i possibili pericoli di tali strumenti di democrazia diretta.
Senza quorum e senza limiti di materia il Parlamento perderebbe la sua centralità e al lavoro delle due camere si contrapporrebbe fino a sostituirsi una frazione del corpo elettorale.
Aspirante giurista riformista, pianista e lettrice compulsiva. Tra Beethoven, Rachmaninov, Baricco, Kundera, Mortati e Smend, sono la mamma di Laura.