LibertàEguale

Riforme: il piano Colao è essenziale, ora realizziamolo

di Umberto Minopoli

 

È cominciata la presa di distanze dal documento Colao, retrocesso a “contributo”. Il governo ringrazia e annuncia che farà da sé? Questa l’aria che tira.

Certo, un governo non può fare l’analogo del piano Colao. Ai governi spetta tradurre le idee in atti, riforme legislative, misure e provvedimenti concreti. Ma avere una cornice, un documento, un piano discusso con le forze sociali, la cultura e la scienza, è essenziale.

Il rischio è che prevalga la mediocrità della politica, l’allergia a parlare di riforme, l’abitudine ad agitare bandiere ideologiche- ambiente, sostenibilità, ricerca, digitalizzazione, impresa- ma spaventati quando si tratta di tradurle da “caciocavalli appesi” in riforme concrete.

Noi siamo abituati a discettare, filosoficamente, su bla-bla ideologici, paroloni vuoti – “nuovo modello di sviluppo”, “priorità ambientale ” sviluppo sostenibile”, “stato imprenditore” ecc. – ma ci ritiriamo quando occorre tradurre i “paroloni” in un coerente, realistico, fattibile programma di governo.

L’Italia è allergica al riformismo per natura. E, grazie anche alla ricchezza della lingua e della cultura siamo bravi, anzitutto, nella retorica. Si deborda in declamazioni ideologiche ma si finisce, sempre, nella mediocrità, nel corporativismo, nell’impotenza quando si tratta di tradurre i paroloni e le declamazioni in programma e politiche di governo. Questo riguarda tutti: partiti, imprese, sindacato.

L’Italia è il paese dell’eterno “riformismo mancato”. Ma ora siamo al dunque: la ripresa dell’economia ha bisogno di riforme. I soldi europei ce le consentono, ma se vince la mediocrità e l’accantonamento delle riforme – quelle indicate nel documento Colao ad esempio – l’Italia perde la guerra.

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