di Pietro Ichino
Putin paralizza la reazione armata dell’Occidente facendo leva sul terrore della guerra nucleare; per fermarlo possiamo solo isolare l’economia russa, anche rinunciando al suo gas, costi quel che costi
Ero convinto che Vladimir Putin non avrebbe compiuto questo atto di follia che condanna la Russia nella comunità internazionale al ruolo di Stato-canaglia e la sua economia a un isolamento drammatico: una sorta di Brexit moltiplicata per dieci e senza accordo tra le parti per limitare i danni.
La follia, invece, è in pieno svolgimento; e il fatto stesso che di follia si tratti rende la scelta di Putin mille volte più pericolosa di quanto lo siano i singoli atti di violenza in cui essa si sta concretando: perché significa che ha perso la testa la persona nelle cui mani è un arsenale atomico capace di distruggere il mondo intero.
Putin minaccia l’uso dell’atomica contro chiunque osi ostacolare l’invasione dell’Ucraina: usa la propria follia come deterrente contro qualsiasi intervento dei Paesi occidentali volto a fermare la sua politica aggressiva nella parte del mondo che considera rientrante nella sua sfera di influenza.
Mai, nei suoi duecentomila anni di esistenza, l’umanità è stata così vicina al rischio dell’autodistruzione.
Non è dunque con la guerra che la comunità internazionale potrà fermare l’aggressore. Ma con l’isolamento economico-finanziario, sì.
L’economia russa oggi si fonda sull’esportazione di gas e materie prime; le banche russe non possono sopravvivere all’isolamento dalla finanza mondiale.
Certo, noi italiani del gas russo (e delle banche russe per pagarlo) abbiamo bisogno, avendo commesso negli anni passati la sciocchezza di precluderci l’acquisto di gas dall’Azerbaigian (“no al gasdotto TAP”), l’attivazione dei rigassificatori che ci consentirebbero l’acquisto dello shale gas statunitense, lo sfruttamento dei nostri stessi giacimenti di gas (“no-TRIV”).
Ma rinunciare al gas russo oggi è l’unico modo in cui possiamo stare concretamente ed efficacemente a fianco dei nostri fratelli ucraini schiacciati dai tank di Putin; e il sacrificio di farne a meno è pochissimo in confronto a quelli di una guerra.
Rinunciare a quel gas è la sola “guerra” che possiamo combattere: non tiriamoci indietro. Costi quel che costi.
Editoriale telegrafico pubblicato sulla Gazzetta di Parma, 28 febbraio 2022
Già senatore del Partito democratico e membro della Commissione Lavoro, fa parte della presidenza di Libertàeguale. Ordinario di Diritto del lavoro all’Università statale di Milano, già dirigente sindacale della Cgil, ha diretto la Rivista italiana di diritto del lavoro e collabora con il Corriere della Sera. Twitter: @PietroIchino
Sono totalmente d’accordo