LibertàEguale

Ripartire dalla parola opportunità

Robert. F. Kennedy campaigning in front of large poster portrait of his brother President John F. Kennedy. (Photo by Bill Eppridge/The LIFE Picture Collection/Getty Images)

di Tortuga

intervento all’Assemblea di Orvieto, 15 luglio 2018

 

Buongiorno a tutti e in primo luogo grazie della possibilità di poter intervenire. Sono qui a nome di Tortuga, il primo think-tank di studenti di economia e giovani professionisti d’Italia, con cui da 3 anni forniamo supporto a istituzioni e policy-maker con ricerche e proposte concrete e cerchiamo di contribuire al dibattito pubblico in materia di politica economica. Siamo già intervenuti all’Assemblea di Libertà Eguale di dicembre e più di recente abbiamo iniziato a collaborare per la produzione di contenuti per il sito dell’associazione.

La riflessione che vorremmo proporvi oggi, dal nostro punto di vista di giovani e di studenti di economia, parte dalla parola opportunità. Se c’è una cosa che oggi probabilmente gli italiani hanno perso è la fiducia nelle opportunità del proprio futuro, l’opportunità di migliorare la propria condizione economica e sociale.

Cito un dato che riguarda noi giovani preso dal rapporto ISTAT 2018: solo il 18% dei giovani provenienti da fasce sociali medio basse si laurea e solo il 15% ha un lavoro qualificato. Di certo ci sono delle motivazioni oggettive che hanno contribuito a questo e mi limito solo a richiamare il dibattito sull’illusorietà di una politica motivazionale e sul non aver reagito in modo efficace alla retorica delle paure (la paura del diverso, della tecnologia, della casta, del sistema finanziario, del futuro), che pure in Tortuga condividiamo.

Il punto oggi è invece immaginare e soprattutto trovare il modo di dar vita ad un Paese in cui ciascun italiano possa avere l’opportunità di costruire un futuro migliore per sé e per i propri cari. Di poter trasformare i suoi desideri e le sue aspettative in realtà. In sostanza, potremmo dire come una volta rimettere in moto l’ascensore sociale. O, riprendendo i termini di Amartya Sen, potremmo parlare di espansione delle capacità. Mi ricollego al nome di Libertà Eguale. Quando si parla di uguaglianza è fondamentale definire lo spazio, il campo di questa uguaglianza, per non fare confusione. Uguaglianza di cosa quindi? Nel nostro caso, la risposta è uguaglianza nella libertà. Libertà di o da cosa? Libertà, come dicevo prima, di poter esprimere le proprie potenzialità e valorizzare la propria unicità. Quella libertà che, liberando, eguaglia.

Partendo da queste premesse, come creare le condizioni affinché l’Italia torni ad essere un posto simile? Come creare condizioni tali da riattivare mobilità sociale e sviluppo economico? Il punto di partenza, dal nostro punto di vista, è triplice: lotta alle rendite, uno Stato efficiente ed efficace, una comunità nazionale che si senta tale.

 

Lotta alle rendite

In primo luogo, lotta alle rendite. Non solo quelle di carattere economico, ma ogni tipo di rendita. Dove per rendite intendiamo tutti quei benefici che dipendono dal consolidamento di condizioni passate che non hanno più ragion d’essere: la cristallizzazione dello status quo, che beneficia pochi e lascia indietro molti. È rendita quindi la ricchezza immobilizzata in maniera infruttifera. È rendita la posizione del dirigente pubblico che sfrutta le falle dalla amministrazione per non lavorare a dovere. È rendita l’evasione dell’imprenditore che evade senza essere punito, penalizzando lavoratori e territorio. È rendita la pensione retributiva in un contesto di difficoltà delle casse pubbliche. È rendita la bassa tassazione del proprietario immobiliare che sfrutta la mancata riforma del catasto. Rompere le rendite di posizione vuol dire quindi lasciare spazio all’espansione delle opportunità.

 

Uno Stato efficiente ed efficace

Due, uno Stato che faccia il suo dovere, rimuovendo in maniera efficace quegli ostacoli che impediscono agli individui di realizzare i propri desideri e soprattutto, sopratutto, non creandone ulteriori. Uno Stato quindi più leggero, ma non per questo meno presente. Meno burocratico, ma non per questo più timido. Uno Stato più vicino ai territori, ma non per questo meno perequativo. Uno Stato che insomma non crei rendite per sé stesso e che lasci fare e promuova tutto ciò che Stato non è ma che comunque contribuisce al miglioramento dello condizioni dei cittadini. Pronto ad aiutare il disoccupato che vuole tornare a lavorare, lo studente meritevole che vuole studiare, la famiglia che vuole avere figli, l’immigrato che cerca un futuro migliore, il commerciante messo sotto scacco dal pizzo.

 

Una comunità nazionale che si senta tale

Terzo ed ultimo concetto: comunità. Abbiamo bisogno di riappropriarci di un’accezione positiva di comunità nazionale. Perché senza senso di comunità, senza senso di appartenenza non andiamo da nessuna parte. Comunità non è il noi che si oppone alla libertà dei singoli, che chiude all’esterno.  La comunità dunque non mortifica la libertà, ma la arricchisce, la espande. In questo momento abbiamo bisogno di recuperare un senso di comunità nazionale che sia positivo, orgoglioso, più simile a quello della civitas romana, che include e dà opportunità, che a quello della polis greca che certifica l’appartenenza in nome di un tutto organico. Ricordava Bob Kennedy, “l’intera storia della razza umana, fino a oggi, è stata la storia di comunità”. Una comunità salda è in grado di essere inclusiva e di prosperare, di aiutare chi è nel bisogno e di restituirgli libertà e opportunità. È in grado di essere solidale. Una comunità frammentata e polarizzata no.

 

Quindi, e vado a chiudere: opportunità, lotta alle rendite, Stato snello e forte e comunità. Questi sono secondo noi i quattro concetti fondamentali da cui far ripartire una narrazione coerente, propositiva e soprattutto convincente da presentare ai nostri concittadini in alternativa a quella attualmente dominante. Forse si tratta di tematiche usuali per noi qui presenti, ma tuttavia non scontate nel dibattito pubblico, all’interno del quale occorre cominciare, usando un termine un po’ così, a martellare, così come negli ultimi anni siamo stati martellati dalla narrazione oggi dominante. L’orizzonte temporale sono i prossimi 5 anni, il contesto è difficile, ma non per questo possiamo tirarci indietro.

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