di Stefano Ceccanti
Penso che sia necessario fare chiarezza anzitutto su un punto (perché altrimenti molti potrebbero stupirsi per i contenuti della mia intervista al Corsera).
Salvini: estrema destra di governo
Per i suoi legami internazionali, per la sua spinta a distruggere dall’interno l’Eurozona e l’Ue, Salvini costituisce davvero un pericolo reale di costruzione di una democrazia illiberale in Italia. E’ davvero un’ “estrema destra di governo”, come scrivono Passarelli e Tuorto e la sua gestione della crisi dovrebbe averlo rivelato a tutti. Compreso il tentativo attuale di aprire credo falsamente al M5s per far fallire la trattativa col Pd con la falsa promessa di ricostituire l’alleanza (nonostante che Becchi autorevolmente sostenga che l’offerta sia sincera, ben confutato però da Minzolini), ma in realtà per portarci in fretta alle urne a breve quando gli altri competitori non sono ancora attrezzati. Quando è necessario si dovrà competere, ma non è chiaro perché dovremmo farlo aderendo ai tempi di Salvini.
Capisco che nella storia recente non sono mancate analoghe accuse contro altri leader a partire da Berlusconi, accusa che molti tra noi (ma non tutti) hanno ritenuto sproporzionate rispetto alle anomalie che pur si registravano a partire dal conflitto di interesse. Berlusconi, però, non ha mai messo in discussione la collocazione europea e internazionale. Dopo tante urla di “al lupo, al lupo”, alcuni sono però scettici e non disdegnerebbero sfidare subito Salvini, come se dalla sua vittoria non dovessero scaturire danni irreparabili e come se poi potesse essere facile scalzarlo dal potere. Io non lo credo.
La più importante discontinuità? Non avere Salvini Ministro dell’Interno
Questa è appunto la premessa: ovviamente si può condividere o no e chi non la condivide ha tutto il diritto anche di non condividere logicamente i due passaggi seguenti.
Il primo è politico: stiamo attenti, sia il Pd sia il M5s, a trasformare le proprie posizioni di partenza, a cui ognuno giustamente tiene perché risponde anche a un elettorato, in forme di rigidità tali da far fallire un accordo riaprendo le porte a un Salvini rafforzato. Se la mia analisi è vera non ce lo possiamo permettere e, come ha scritto il collega deputato Claudio Mancini, per me la più importante discontinuità è non avere più Salvini Ministro dell’Interno. Questa deve essere in una scala gerarchica la priorità delle priorità.
Un parlamentarismo razionalizzato a base proporzionale
Il secondo è istituzionale: in circostanze normali resto convinto che anche in presenza di tre schieramenti quasi equivalenti debbano scegliere direttamente gli elettori, adeguando a tale fine di scelta diretta sia la legge elettorale sia la Costituzione. L’ho sempre pensato sin dai primi anni ’90 e anche quando molti ritenevano che il berlusconismo rendesse non desiderabile questo schema. La minaccia Salvini, per chi la ritiene tale, e finché essa perduri, impone però in questa fase di considerare anche lo schema alternativo di un parlamentarismo razionalizzato a base proporzionale.
Mi costa molto ma è conseguente alla lettura della minaccia, finché appunto essa perduri. Magari altri riterranno questa lettura troppo angosciata e che anche stavolta si urli “al lupo, al lupo”. Può darsi, non credo affatto di essere infallibile, soprattutto nei giudizi storici e concreti e senz’altro alcuni di voi mi insinueranno dei dubbi. Però, francamente, non vorrei correre un rischio che avverto reale.
Vicepresidente di Libertà Eguale e Professore di diritto costituzionale comparato all’Università La Sapienza di Roma. È stato Senatore (dal 2008 al 2013) e poi Deputato (dal 2018 al 2022) del Partito Democratico. Già presidente nazionale della Fuci, si è occupato di forme di governo e libertà religiosa. Tra i suoi ultimi libri: “La transizione è (quasi) finita. Come risolvere nel 2016 i problemi aperti 70 anni prima” (2016). È il curatore del volume di John Courtney Murray, “Noi crediamo in queste verità. Riflessioni sul ‘principio americano'” , Morcelliana 2021.
Timori esagerati e francamente non dimostrati adeguatamente, a sostegno poi di una tesi, il ritorno al proporzionale, che aggraverebbe e non risolverebbe i nostri problemi, in compagnia di una forza politica poi che si è distinta per una selezione del gruppo dirigente vergognosa.