di Umberto Minopoli
Ho letto la versione ultima del Recovery Plan. Temo che, se rimarrà questa, l’Europa ce la rimanderà indietro, con il giudizio di “svolgimento fuori tema”.
Il Recovery Plan dovrebbe funzionare come stimolo dell’economia. Biden ne sta disponendo uno che, insieme alle misure prese finora, pare arriverà al 27% del Pil pre-crisi. La Cina è riuscita già ad essere in ripresa. L’Europa, analogamente, intende il Recovery come un piano di investimenti e di aiuti che devono tradursi in un boost dell’economia con effetti già tra il 2022 e il 2026.
Pochi hanno capito che parliamo di una massa ingente di risorse (prestiti e aiuti) che, se non spese, subito e bene, si trasformeranno in debiti (solo in parte, perché l’Europa, nel caso di un piano mal congegnato, non ci darà mai tutti i soldi previsti).
Cosa manca al Recovery Plan italiano? Nella attuale versione è un bel testo organico, coerente, completo, ma fuori centro. Mancano i progetti. L’Europa ha indicato una filosofia generale, distinta in tre “assi strategici” (digitale, verde, coesione sociale) e sei “missioni”.
Ma ha poi raccomandato che i RP nazionali fossero costituiti da progetti cantierabili, bancabili, che inizino nel 2022, abbiano avanzamenti dei lavori nel 2024 e si concludano nel 2026. Non li abbiamo ancora.
Abbiamo scritto il Manifesto di una rivoluzione economica, sociale, tecnologica, ma sulla carta. Laddove ci richiedono, invece, progetti operativi, che stimolino l’economia: nei prossimi 6 anni e non alla fine del secolo.
Faccio un esempio: l’idrogeno. Prevale l’ideologia. Nel documento si parla di idrogeno verde (ottenuto da rinnovabili e per elettrolisi), molto costoso ed energivoro, e si esclude l’idrogeno blu (ottenuto da idrocarburi) già possibile e con minori costi. Ma, soprattutto, per una scelta ideologica e non economica, si sceglie l’idrogeno che, forse, sarà possibile avere al 2040. Non certo al 2026. Niente di male, direte. Le transizioni energetiche sono lunghe. In questo caso, però, l’Europa direbbe: “benissimo, finanziate questo progetto come una semplice ricerca o con il vostro bilancio ordinario, ma non col Recovery Plan”.
Sul RP si fa, in Italia, molta demagogia, prevale una disputa politica, astratta, ma molto poco tecnica e sganciata dall’urgenza dell’economia e della ripresa. Andando avanti così, l’Europa non capirà.
Presidente dell’Associazione Italiana Nucleare. Ha lavorato nel Gruppo Finmeccanica e in Ansaldo nucleare. Capo della Segreteria Tecnica del Ministro delle Attività Produttive tra il 1996 e il 1999. Capo della Segreteria Tecnica del Ministro dei Trasporti dal 1999 al 2001. Consigliere del Ministro dello Sviluppo Economico per le politiche industriali tra il 2006 e il 2009.