di Luigi Covatta
Due obiezioni – una sul passato, una sul futuro – alla relazione di Morando, il cui nocciolo condivido.
Sul passato: non è stata un’invasione degli Ypsos al Nazareno a determinare lo sbracamento del Pd sul Conte ter. La leadership di Zingaretti ha rappresentato la degna conclusione di un percorso durante il quale ben tre segretari (Bersani, Epifani e Renzi) sono usciti dal partito, ed il cui recupero, peraltro, per Zingaretti è stato l’ultimo dei problemi: dando l’impressione che preferisse consolidare la propria leadership con un’alleanza esterna piuttosto che con una revisione interna che avrebbe potuto modificare i rapporti di forza fra le correnti.
C’è quanto basta per chiedersi se, prima di costruire “la casa di tutti i riformisti”, non sarebbe stato utile definire meglio l’identità dei riformisti del XXI secolo: magari partendo dalla constatazione che “dove tutti sono riformisti nessuno è riformista”, come ci spiegò Bobbio una quarantina d’anni fa.
Sul futuro: le riforme che varerà Draghi dovranno, come al solito, essere implementate. Di qui la necessità di un forte impegno nella società del partito riformista, tanto maggiore quanto più le riforme saranno ambiziose; e di un impegno altrettanto forte nell’indicare sbocchi a movimenti che inevitabilmente rappresenteranno il lascito della pandemia.
In particolare è tempo di aprire una vertenza sulle politiche formative, per evitare che il protagonismo giovanile che sembra riemergere si riduca alla querelle sulla Dad, invece di esigere una radicale riforma della didattica, che oggi è contemporaneamente “a distanza” e “in presenza”: a distanza dal lavoro ed in presenza della cattedra allestita da Gentile cent’anni fa.
Quanto alla riforma elettorale, sono troppo vecchio per appassionarmi al tema. Osservo solo che se si vuole creare un sistema di partiti nazionali, le regole per le elezioni politiche non devono essere troppo diverse da quelle per le elezioni regionali e comunali.
Intervento alla Presidenza Nazionale di LibertàEguale – 20/03/2021
Direttore di Mondoperaio, è vicepresidente di Libertàeguale. Dal 1979 al 1994 è stato parlamentare per il partito socialista, del quale nel 1992 è stato vicepresidente della “Commissione parlamentare per le riforme istituzionali”. Dal 1986 al 1989 è stato sottosegretario alla Pubblica istruzione, nei governi Craxi, Goria e De Mita. Dal 1989 al 1992 è stato sottosegretario ai beni culturali in due governi Andreotti.