LibertàEguale

Serve un PNRR della politica

di Umberto Minopoli

Con le 500 schede del PNRR e delle 4 riforme connesse abbiamo sottoscritto un contratto. Che vale 6 anni. Con un signore, l’Europa, che ci presta (non ci regala) 220 miliardi. Per fare delle cose precise, scritte in un programma dettagliato. Da rendicontare a tappe.

Non si può sgarrare. Tutti quei soldi possono essere la ripresa dell’Italia se spesi bene. Possono rappresentare il collasso nel debito e il declino se spesi male o non spesi. Poche chiacchiere. Ci siamo legati le mani per 6 anni: una epocale scommessa per una causa giusta. Nessun governo aveva mai avuto un tale vincolo. Non è solo finanziario e contabile (come erano i vincoli di Maastricht). Stavolta riguarda tutti gli aspetti operativi della macchina statale e dell’azione delle forze in campo (amministrazione, politica, imprese).

È ridicolo pensare che il contratto lo abbia sottoscritto una sola persona, pur dotata di competenza e affidabilità: Mario Draghi. Significa fargli del male. E farlo a noi stessi. Il contratto è del Parlamento e dei partiti. Bene che se lo intestino. Perché ora bisogna attuarlo. E per farlo è l’Italia che deve girare. Non basta una persona.

La politica sa che cosa ha firmato con il PNRR? Ogni governo dei prossimi anni (tra due si vota) ha il programma politico già dettato. Non è libero di perdersi in chiacchiere: deve tener fede a un contratto sottoscritto. Per alcuni continuità negli anni del contratto del PNRR significa continuità della maggioranza che lo ha sottoscritto. Non mi pare possibile. E, forse, nemmeno auspicabile.

Una democrazia matura dovrebbe realizzare un programma vincolato dall’esterno, senza stravolgere le sue regole di funzionamento. Dopo aver firmato il contratto – e dopo aver fermato il virus (non è ancora detto) – l’Italia dovrà rientrare nella normalità. Anche della politica: il PNRR diventa la normalità del prossimo decennio.

Non è con la straordinarietà e l’emergenza della politica che si può gestire un decennio. La sfida si sposta sui partiti. Dovrebbero fare il PNRR della politica: un bipolarismo non distruttivo, una sfida su come i partiti in competizione, a partire dalle elezioni future, si sfidano sui modi migliori di realizzare il contratto.

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