di Marco Di Maio
Il titolo che Libertà Eguale ha scelto per la sua assemblea annuale (“Le ragioni del crollo, i pilastri della ricostruzione”) è quanto mai suggestivo e ci offre uno dei pochi luoghi di confronto in cui è possibile far elaborazione politica senza schiacciarsi unicamente sul presente.
Le riforme senza ‘narrazione’
E nel pensare alle “ragioni del crollo”, credo che uno dei motivi per i quali le elezioni hanno dato il risultato infausto che abbiamo visto sia stato proprio l’assenza, l’incapacità che forse abbiamo avuto di accompagnare a una grande spinta riformatrice del Paese la forza di sedimentare un pensiero che in qualche modo creasse anche un radicato consenso sociale attorno alle riforme che abbiamo portato avanti.
Riforme delle quali rivendico tutti i risultati e tutta la bontà, consapevole che nel fare molto si può anche sbagliare; però è fuori discussione che rispetto ai risultati conseguiti, nell’opinione pubblica e nelle persone non si è sedimentata una “narrazione” positiva di quanto si è realizzato attraverso delle scelte politiche ben precise.
Un messaggio disomogeneo fa perdere credibilità
Questa è stata una delle ragioni del crollo, unitamente – per citarne un’altra – alla disomogeneità del messaggio con cui il Partito Democratico si è presentato agli elettori; disomogeneità non solo e non tanto in campagna elettorale, quanto soprattutto nei mesi che ci hanno avvicinato alla campagna elettorale.
Una asimmetria devastante sotto il profilo della credibilità della nostra proposta. Per risolvere questo problema non ci sono e non servono grandi ricette politiche, ma si deve partire dalla volontà dei singoli e di chi ha ruoli di responsabilità: se si decide di appartenere ad un’organizzazione si discute quanto si vuole all’interno, ma poi si deve difendere l’organizzazione stessa, altrimenti se siamo noi i primi a rappresentarla in maniera negativa è difficile che le persone possano accordarci la loro fiducia.
La rivolta contro chi governa
Nessuno può negare, poi, che essere per molti anni forza di governo come lo siamo stati indirettamente dalla fine del 2011 con il governo Monti e successivamente in modo diretto con i governi guidati da Enrico Letta, Matteo Renzi e Paolo Gentiloni, sia stato un fattore negativo in termini di consenso.
Tanto più se si aggiunge che siamo stati forza di governo di molte regioni e di moltissimi comuni (in alcuni casi da decenni). Il tutto in una fase di profonda crisi economica come quella che abbiamo vissuto e le cui ferite ancora oggi sanguinano in alcuni settori della società, che ci ha visti inevitabilmente diventare coloro contro i quali (rappresentando “il potere”) andava scaricata la rabbia, la negatività, la disperazione delle persone che hanno visto erodere la qualità di vita per effetto della crisi.
Un elemento, tra le molteplici ragioni del crollo, che non è certo solamente nazionale, come si è visto in molte elezioni di stati europei ed occidentali. Un sommovimento sociale, prima ancora che politico, che ha aperto una faglia su cui si innesterà la sfida delle prossime elezioni europee di primavera.
La necessità di ricostruire
Di fronte ad un crollo, però, è necessario ricostruire. Vediamo, allora, quali possono essere alcuni pilastri su cui edificare un nuovo progetto politico. Bisogna partire dalle risposte ai bisogni quotidiani delle persone, facendolo con un linguaggio nuovo. Non credo che siano scomparse le differenze tra destra e sinistra, ma semplicemente che nella società non siano più queste le categorie con le quali gli elettori, i cittadini, le persone individuano le scelte da compiere.
Sta a noi, al centrosinistra, riuscire a interpretare i valori che ci stanno a cuore con un linguaggio e una forma nuova, abbandonando le etichette del Novecento e pensando, invece, ad una nuova distinzione lessicale che ci differenzi dagli altri in maniera chiara, riconoscibile e credibile.
Ciò ha a che fare, ovviamente, anche con la comunicazione, capitolo enorme che non c’è il tempo qui di aprire e sviluppare.
Un diffuso bisogno di protezione
Penso ci sia bisogno di lavorare su un pilastro fondamentale che è il diffuso bisogno di protezione che alberga nella nostra società. Protezione dall’insicurezza intesa come insicurezza legata all’ordine pubblico; perché se noi neghiamo questo aspetto e continuiamo derubricarlo semplicemente come una percezione sbagliata da parte dei cittadini, manchiamo l’obiettivo.
C’è un problema reale, fortissimo nelle periferie delle città e nelle aree più lontane dai centri urbani. Una questione che ha gonfiato i consensi per la Lega soprattutto in alcune terre, come la Romagna dove vivo e lavoro da sempre e dove sono stato candidato al collegio uninominale di Forlì, vincendolo. Qui il centrosinistra non ha perso molti voti a favore del Movimento cinque stelle; qui a drenare consensi è stata la Lega che ha fatto il pieno nei comuni delle nostre vallate, nelle campagne, nelle zone dove storicamente era più forte la nostra presenza e più forte è il senso di insicurezza (intesa come ordine pubblico) delle persone.
Protezione significa anche dare risposte alle incertezze ‘reddituali’. La proposta del reddito di cittadinanza è un’illusione, che ha fornito una risposta sbagliata (ma efficace) ad un problema molto sentito nella quotidianità delle persone. Sul lavoro, dunque, si deve basare un altro pilastro della ricostruzione, insistendo su proposte come quella del salario minimo legale per le quali forse avremmo dovuto batterci di più anche in campagna elettorale.
Dunque dobbiamo occuparci non solo di chi non ha un lavoro (cosa fondamentale), ma anche di chi ha un lavoro scarsamente retribuito, senza regole, mi verrebbe da dire senza dignità.
Dobbiamo dare una risposta al bisogno di protezione dall’emergenza demografica. Una questione che ancora non è esplosa in tutta la sua potenza, ma che sta crescendo sempre più. L’invecchiamento della popolazione, il progressivo aumento della prospettiva di vita (per fortuna) rischiano di mettere sulle spalle delle famiglie un peso insostenibile per come sono composti oggi i nuclei familiari. Famiglie con figli unici, genitori a carico e un patrimonio immobiliare di proprietà ereditato e fortemente tassato che metterà a dura prova la loro tenuta.
Mi rendo conto di fare un ragionamento lontano dai grandi pensieri, ma si tratta di problemi con cui tutte le nostre famiglie si sono misurate, si stanno misurando o si misureranno. Ansie alle quali o si riesce a dare una risposta oppure si andrà incontro ad ulteriori sconfitte senza renderci conto delle ragioni per cui sono accadute. Questo è un argomento su cui una proposta concreta, facilmente interpretabile e realizzabile, può incontrare l’interesse e il favore di molti.
Dobbiamo dare una risposta al bisogno di protezione anche dai cambiamenti e dalle emergenze di tipo ambientale; questo un altro tema che il centrosinistra ha abbandonato e che invece il M5S ha totalmente fatto proprio, pur senza realizzare nulla di concreto, come si è visto nell’esperienza fallimentare di Roma. Argomenti su cui c’è una forte sensibilità dell’opinione pubblica, sia sotto il profilo della gestione che dal punto di vista degli impatti sulla salute; farsi carico di queste preoccupazioni, dare loro una risposta, significa fare qualcosa di buono per il Paese e di utile per il centrosinistra.
Il ruolo del partito democratico
Molte altre sarebbero le aree su cui lavorare per erigere i pilastri della ricostruzione del nostro progetto politico (ad esempio su una nuova politica di gestione dei flussi migratori e delle politiche pubbliche basata sui doveri oltre che sui diritti; oppure su una proposta di revisione dei nostri assetti istituzionali che sia al passo con la modernità e la domanda di maggior partecipazione che si vive nella società; e ancora su un’idea di Europa più vicina, a partire da una legittimazione democratica diretta del governo europeo; infine sulle questioni legate alla parità di opportunità tra uomini e donne, ad esempio sul fronte salariale oltre che su quello, sacrosanto, dei diritti). Per brevità mi limito ad un ultimo riferimento al Partito Democratico.
Il Pd può e deve essere il pilastro della ricostruzione di un’alternativa alla coalizione Lega-M5S; per farlo ha bisogno di esercitarsi sui temi che ho citato (e su altri evidentemente) formulando proposte efficaci e comprensibili. Ha bisogno, però, anche di organizzazione, comunicazione e leadership. Mentre le prime due si possono costruire, con buona volontà, umiltà, formazione e voglia di imparare anche dagli errori, la leadership non si prepara in laboratorio. Affinché ne emerga una, serve il coraggio di aprirsi davvero e non di chiudersi. Non sarebbe mai esistita la leadership di Matteo Renzi senza le primarie e senza l’apertura al contributo di tutti gli elettori alla vita del Partito Democratico. L’errore che non si deve commettere in questa fase è chiudersi per paura del confronto, per il timore di perdere qualche posizione, per il rischio di veder minacciato il proprio ruolo. Anche per questo motivo ritengo un errore rimandare a data da destinarsi un confronto interno su tesi politiche anche diverse tra loro; dal confronto di idee e dall’apertura del contributo di tutti, anche di associazioni come questa, possono fiorire nuove proposte e, perché no, anche nuovi leader.
Deputato del Partito Democratico, eletto nel collegio uninominale Forlì-Faenza. Segretario della Commissione Affari Costituzionali.