LibertàEguale

Un semestre costituente per rifondare l’Europa

di Mario Campli e Alfonso Pascale

 

L’appello di Sandro Gozi – pubblicato il 6 gennaio su questo sito – per aderire all’iniziativa “Agorà – Noi Europei”  promossa dall’Unione dei Federalisti Europei con altri 60 movimenti civici a Budapest, al fine di difendere l’Europa e lo stato di diritto contro le politiche di Orbán, è sicuramente da accogliere e sostenere con entusiasmo e convinzione. È infatti condivisibile l’idea di “unire i punti della reazione civica in Italia e in Europa” al nazionalismo e all’antieuropeismo.

Concordiamo, inoltre, che il 2018 in Europa si è chiuso male “con le divisioni sull’immigrazione e con i troppo timidi progressi sull’Euro del Consiglio europeo”: insuccessi che continuano a fomentare il sentimento antieuropeista e nazionalista. Non si può che sottoscrivere l’idea di “rifondare l’Europa” e di “costruire un’Europa sovrana e democratica, che scommetta su grandi progetti d’avvenire nell’intelligenza artificiale e per una società sostenibile; che offra opportunità soprattutto ai giovani e nuove protezioni a tutti, a cominciare da nuove politiche di sviluppo sociale per arrivare ad esercito comune europeo”.

Avvertiamo, tuttavia, l’esigenza di dare gambe concrete all’idea di Europa che s’intende costruire per uscire dalle difficoltà e affrontare i problemi quotidiani dei cittadini europei.

Se è vero – e noi ne siamo fermamente convinti! – che “le scelte che faremo, le decisioni che prenderemo, il campo in cui ci collocheremo nel maggio 2019 – in Italia e in Europa – saranno decisivi per tutto il prossimo decennio”, dobbiamo indicare con chiarezza il percorso da seguire immediatamente dopo lo svolgimento delle elezioni europee.

Noi pensiamo che i candidati al Parlamento europeo che intendono “rifondare l’Europa” e “costruire un’Europa sovrana e democratica” debbano impegnarsi coi movimenti civici che stanno fiorendo in Italia e in Europa a compiere un atto concreto che smuova lo “status quo”. Qualora saranno eletti e appena il presidente del Parlamento sarà stato proclamato, essi dovranno chiedere la parola e pronunciare le stesse parole: “Signor presidente e cari colleghi, Noi, popoli d’Europa abbiamo oggi di fronte ai nostri popoli la responsabilità di delineare un ‘Nuovo patto di unità tra i nostri popoli’ che guardi al futuro e che assuma su di sé la storia grande dei nostri Paesi e dia subito una risposta alle attese dei nostri popoli; propongo, perciò, che questa assemblea voti, adesso, la convocazione di un semestre costituente, per modificare alcuni articoli del Trattato dell’Unione”.

Chi potrebbe votare contro? I deputati “sovranisti” non vorranno auto-screditarsi dinanzi ai loro popoli, rinunciando all’occasione vera e diretta di riscrivere le regole secondo una loro visione europea come “area di scambio di merci e basta”. I deputati “estremisti” non potranno sottrarsi a scrivere “nero su bianco” – in diretta – cosa vogliono in concreto da questa Unione europea o se ne vogliono uscire. Gli “europeisti” avranno l’occasione di definire il funzionamento dello slogan: “Stati uniti d’Europa”, ascoltando la reazione dei Governi dei Paesi dove sono stati eletti.

Rifondare l’Europa” e “costruire l’Europa sovrana e democratica” non può che significare concretamente questo: il Parlamento dei popoli che legifera, il Bilancio con una fiscalità limitata ma diretta (vero fondamento, peraltro, della cittadinanza europea), il Governo/Esecutivo europeo, a cui il Parlamento dà o toglie la “fiducia”. Soltanto, a completamento di questo disegno, eventualmente, potrebbe risultare utile la elezione diretta di un presidente dell’Unione che “rappresenta” l’Unità della Integrazione europea (ma non capo del governo dell’Unione).

Solo in questo modo i popoli d’Europa potranno identificare immediatamente il luogo e il soggetto a cui dirigere le loro aspettative e le loro rivolte: il loro eletto al Parlamento dell’Unione; perché il cittadino o la cittadina di Visegrad – destinatari di leggi cogenti – ne potrà allo stesso tempo essere autore attraverso il proprio “eletto” nel Parlamento dell’Unione; perché l’“eletto” da un popolo d’Europa, ogni giorno e su ogni problema della convivenza civica europea, potrà/dovrà confrontarsi (sterile è proclamare) con altri eletti da altri popoli e costruire la convergenza comune possibile; perché, così, l’eletto-a/deputato-a potrà dovrà: sia rendersi autonomo dai governi del proprio Stato nazionale, sia contribuire a vincere le pulsioni populistiche e/o identitarie e costruire l’unità delle diversità. Restando chiaro che l’Unione non è una prigione, ma neppure una porta girevole: si può sempre uscire, liberamente.

Questo percorso a noi sembra un modo concreto di costruire in Italia e in Europa “un’alternativa radicale, sociale e liberale, capace di offrire una nuova prospettiva di società aperta ed europea, dei diritti e dello stato di diritto”. Altrimenti saranno ancora una volta i conservatorismi a dettare l’agenda politica con il rischio di una definitiva implosione dell’Unione europea.

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