I fatti di Parigi giungevano, una volta di più, a confermare drammaticamente la necessità di focalizzare l’attenzione sull’Europa, sul suo presente politico e istituzionale, sul suo futuro.
L’insoddisfazione dell’opinione pubblica e delle forze politiche (tutte) verso l’Europa e le sue istituzioni è evidente. L’Europa, così come è oggi, appare inadeguata sia a garantire la sicurezza all’interno dei suoi confini, sia allo svolgimento di una azione politica e militare di contrasto alla aggressione del fondamentalismo in armi.
Che l’Europa, così come oggi si presenta, non sia quella sognata dai Padri Fondatori, è un fatto difficilmente contestabile. Così come – relativamente – facile è la caccia agli errori, ai ritardi: l’avere anteposto al introduzione di una moneta unica al rilascio di poteri e di sovranità in materia di difesa, sicurezza, fisco e programmazione economica che avrebbero dato forza e sicurezza allo strumento monetario; avere favorito la percezione comune di un’Europa uguale a burocrazia, uguale a regole spesso incomprensibili e intrusive nella quotidianità delle aziende e delle famiglie; averne allargato a dismisura i confini senza consolidarne a sufficienza le istituzioni. Si potrebbe continuare.
La reazione alla congerie di limiti, ritardi ed errori è, nell’auspicio di molti, un ritorno alle piccole patrie, alle chiusure nazionalistiche, alle distopie identitarie. Ma molti, e ci auguriamo la parte maggiore e più consapevole dell’opinione pubblica, vede invece nel consolidamento e nella crescita dell’Europa una risposta agli angoscianti problemi del presente. Così pensa la parte più responsabile del mondo produttivo, chiamato a competere sul piano della ricerca e dell’innovazione con colossi mondiali in continua, inarrestabile crescita. Così pensa chi dubita nella capacità di garantire sicurezza interna ed esterna a fronte di fenomeni epocali quali gli spostamenti di masse sterminate di persone e i riassetti in atto dell’ordine mondiale, da parte di stati – quali quelli europei – di ormai piccole dimensioni intenti a giocare, ciascuno per conto suo, partite diverse e divergenti.
Così pensa la migliore gioventù, che sente l’Europa intera essere la propria casa, che parla correntemente più di una lingua, che avverte come una assurdità il rischio di un ripiegamento nei confini nazionali.
Rileviamo tuttavia (e purtroppo) una eccessiva timidezza da parte delle forze politiche europeiste a farsi carico di una effettiva ed efficace “battaglia delle idee” sul tema Europa. A partire dalla maggiore forza politica, il Partito democratico, particolarmente nelle sue articolazioni territoriali, si riscontra un silenzio su questi grandi temi.
Quali strade battere per creare quella coesione politica fra gli stati europei che possa dare una spinta in avanti alla costruzione del processo di integrazione? Come dare sostanza politica ad una identità europea fortissima nei contenuti ma troppo timida nel manifestarsi? I valori europei, dalla carta dei diritti dell’uomo alla generalizzazione delle forme più avanzate di democrazia rappresentativa, dal welfare allo stato laico e di diritto, costituiscono ancora un riferimento e una conquista avanzata per l’intera umanità. Diffonderne l’orgoglio, difenderne l’integrità dalle possibili minacce, dare sostanza istituzionale ai sentimenti è il compito alto della politica, che deve dal canto suo fare ogni sforzo per liberarsi della avvilente quotidianità di piccole risse e meschini opportunismi nei quali sembra essersi impelagata.
La costituzione della sezione parmense di “Libertà Eguale” si propone, senza presunzione e consapevole delle difficoltà, di contribuire alla diffusione di una visione europeista della politica, di promuovere l’approfondimento dei temi di interesse generale nelle loro ricadute locali, di concorrere alla affermazione di una opinione pubblica coscientemente europeista; e infine, di dare un proprio modesto contributo alla crescita di una classe politica e dirigente al passo con i problemi e con la loro sconvolgente novità.
E’ coordinatore di LibertàEguale Parma. Dal 2009 al 2014 è stato consigliere provinciale a Parma e dal 2002 al 2007 consigliere comunale a Parma.