di Umberto Minopoli
Tutto è cambiato. Più ci avviciniamo alle elezioni del 2023 più muta il quadro politico. Si pensava che i protagonisti sarebbero stati gli schieramenti e le alleanze, più invece lo diventano i partiti: Partito democratico e Fratelli d’Italia, per il primato.
Non c’è la legge elettorale proporzionale. Pd e FdI non possono del tutto abbandonare il problema delle alleanze nei collegi uninominali, ma il succo del confronto politico sarà: chi risulterà il primo partito darà le carte.
Centro, destra, sinistra diventano solo segnaposti simbolici, luoghi di riferimento simbolico, culturali e ideologici. Non di coalizioni, che diventano secondarie rispetto al centro vero del confronto: il partito e il suo primato.
Può darsi che le elezioni del 2023 non esprimano una maggioranza chiara. E che servirà prolungare il metodo Draghi-Mattarella del 2019. La novità sarà che ci sarà un partito che risulterà primo e che, come vuole la Costituzione, darà le carte. Ad oggi, a meno di sconvolgimenti, sarà o il Pd o Fratelli d’Italia.
Per fortuna non è guerra civile. Li divide tutto ma li unisce la politica estera: Europa della difesa e alleanza atlantica. Da Salvini e Conte, insomma, li divide l’essenziale. Chiunque vinca il futuro governo dovrà essere in continuità con il governo Draghi sul tema decisivo della politica estera. Poi Pd e FdI dovranno giocarcela sulle suggestioni: conservatori o progressisti; tradizione o innovazione ecc.
Meloni ha, attenzione, due punti forti: rivendica il “tempo delle donne”. La sinistra lo ha fatto per decenni solo come retorica (poi sempre e solo uomini). Meloni è lì, è donna e si propone. L’altro punto di forza, state attenti, è la polemica verso l’ideologia ambientalista. Che ci ha portato allo sconquasso energetico che stiamo vivendo.
Il Pd, che non potrà competere sull’offerta femminile, sappia che non può più presentarsi, sul tema ambientale ed energetico, come il continuatore della linea degli ultimi 30 anni: demagogia verbale sull’ambiente e sulle fonti rinnovabili come prospettiva esclusiva, ma nei fatti con il paese reso dipendente dal gas russo e dai beni energetici importati. Meloni ha intuito questo punto debole della sinistra e ci si butta sopra. Sappiatelo: è un tema che peserà.
Il Pd pensi ad aggiornare politica ambientale e politica energetica. Cominciando dal revisionare i nodi intricati: più gas dal nostro sottosuolo (trivelle) e liquefatto (rigassificatori) più energia dai rifiuti (inceneritori), più energia elettrica da fonti continuative (nucleare). Senza queste quattro cose la politica energetica del Pd apparirebbe inattuale, lontana dalla realtà, solo declamazione ideologica mentre il paese rischia di affondare: sotto il peso delle bollette elettriche e i ricatti della Russia.
Le alleanze, ormai – Salvini, Conte, il centro, il campo e così via – sono pallidi residui del passato. La battaglia sarà a due. E il Pd deve vincerla. Ma deve cambiare qualcosa e uscire dai luoghi comuni ambientalisti.
Presidente dell’Associazione Italiana Nucleare. Ha lavorato nel Gruppo Finmeccanica e in Ansaldo nucleare. Capo della Segreteria Tecnica del Ministro delle Attività Produttive tra il 1996 e il 1999. Capo della Segreteria Tecnica del Ministro dei Trasporti dal 1999 al 2001. Consigliere del Ministro dello Sviluppo Economico per le politiche industriali tra il 2006 e il 2009.