di Umberto Minopoli
La spiegazione del voto sardo, gira e rigira, vuole arrivare sempre lì: allearsi con i 5 Stelle come unica politica consentita al Pd.
È la tesi dei ‘giornaloni’: ora che il Movimento scende e fa meno paura, scrive il Corriere della Sera (Paolo Mieli) il Pd potrebbe avere meno remore ad allearsi in funzione antidestra (Zingaretti si aggrappa a questa scellerata illusione).
Mieli è strabiliante. Inizia dicendo che il Pd deve ringraziare Renzi: se non avesse fermato, dopo il 4 marzo, la deriva dell’accordo con i 5 Stelle il Pd oggi sarebbe morto. Invece non è morto e sono ormai, invece, all’allarme rosso i 5 Stelle.
Visto che stanno facendo un congresso, democrazia vorrebbe che i dirigenti Pd, Zingaretti e i suoi sponsor (tutti quelli che sostennero l’insana tesi suicida dell’accordo con Di Maio, Fico e Casaleggio) fossero messi a tacere e nell’impossibilità di fare nuovi danni.
Invece Mieli dà loro l’assist: visto che il M5S è alla canna del gas e non fa più paura “ora potete allearvi”. Solo la caparbia volontà di affogare il Pd spiega la tesi di Mieli. Destinata a fallire ma, anche, ad aprire nuove lacerazioni nel Pd.
Dopo il voto abruzzese e sardo il Pd, invece di ascoltare le sirene che lo portano a sbandare, deve prendere atto di alcune ovvie verità: chi è deluso dei 5 Stelle non “ritorna” a votare Pd (si astiene o vota a destra). Quella dei dirigenti Pd è una illusione: la crisi, lo scoramento, la frustrazione per il crollo non aprono nei 5s un ripensamento “democratico” di idee, programmi, valori, cultura.
Niente affatto. Forse, nei 5S, si rafforza il complesso verso Salvini (ma non è detto). Ma non la revisione del populismo. Anzi. Le sconfitte locali rafforzano l’anima eversiva, movimentista, antisistema, sfascista, giustizialista di opposizione dura e pura: i custodi nostalgici del No Tav, No Tap, No Triv, No Ilva, No Opere, No Infrastrutture, No Vax ecc.
Mieli e Zingaretti ritengono che il Pd possa allearsi con questi 5S? Che incubo per il futuro del Paese. Tra il Pd e i 5S il fossato e l’inconciliabilità, oggi totali, sono destinati a crescere.
Il voto sardo (e, prima, abruzzese) dimostrano che il Pd attuale, dopo un anno di sbandamento, assenza di guida e di leadership, confusione politica, ossessiva autocritica sui suoi governi e antirenzismo patologico non inverte il risultato del 4 marzo. E proprio nel momento, invece, in cui la mobilità elettorale torna al massimo.
Il Pd attuale di Zingaretti, Martina, Gentiloni, Franceschini non inverte la tendenza al declino e sembra paralizzato da una specie di litania: il sogno dei 5S. E poi la rincorsa del “piccolo centrosinistra” (una roba che sta oggi, in Italia, a molto meno del 20%).
Viceversa l’instabilità e lo smottamento elettorale locale mostrano che ci sarebbero praterie (al centro, tra elettori moderati, delusi di destra, astenuti ecc.) per un Pd che tornasse ad essere forza riformista e nazionale. Che parla al Paese che teme lo sfascio. E non a populisti sbandati e scappati di casa.
Presidente dell’Associazione Italiana Nucleare. Ha lavorato nel Gruppo Finmeccanica e in Ansaldo nucleare. Capo della Segreteria Tecnica del Ministro delle Attività Produttive tra il 1996 e il 1999. Capo della Segreteria Tecnica del Ministro dei Trasporti dal 1999 al 2001. Consigliere del Ministro dello Sviluppo Economico per le politiche industriali tra il 2006 e il 2009.