di Giovanni Cominelli
Correva l’anno 1994. Il 26 gennaio Berlusconi era “disceso in campo” con una video-cassetta mandata a TV e giornali. Due mesi dopo, il 27/28 marzo, il suo Polo delle libertà/Polo del Buon Governo aveva già vinto le elezioni anticipate, con il 42,84% dei voti (16.585.516 assoluti), mentre I Progressisti di Achille Occhetto conquistavano il 34,34% (13.308.244 assoluti) e Patto per l’Italia di Mario Segni il 15,75% (6.098.986 assoluti).
La proposta di fare una rivista
Alberto De Bernardi arrivò con la proposta di fare una Rivista, con l’appoggio finanziario determinante dell’Amministratore delegato della Casa Editrice Bruno Mondadori, Roberto Gulli. Alla definizione della piattaforma, del titolo e della redazione furono dedicati i mesi restanti del 1994. A febbraio del 1995 il numero zero. Il 1° aprile 1995 uscì il primo di undici numeri. Intanto il 6 marzo 1995 era nato l’Ulivo.
La Rivista si era proposta fin dal primo numero di stare “con Prodi”, avendo verificato fin dall’inizio – quando ancora Prodi non era “disceso in campo” – “una comunanza di culture, di atteggiamenti, di radici. Il lavoro lungo un anno per costruire questa rivista e, persino, per trovarle il nome più adatto si è svolto su ipotesi politiche e su previsioni che appaiono confermate”.
Cinque motivi per chiamarsi ‘democratici’
Il titolo della Rivista “I Democratici” veniva giustificato nell’editoriale del primo numero, articolato in cinque punti.
Il rapporto con l’Ulivo
L’interlocutore era, dunque, l’Ulivo e al suo interno il PDS. Si temeva, profeticamente, che “l’adesione dell’undicesima ora alla socialdemocrazia europea fosse l’ultimo alibi di una sinistra italiana che rifiuta di prendere atto dei mutamenti produttivi, sociali, culturali in Italia e in Europa e che si illude di costruire classiche alleanze tra sinistra e centro, rimanendo per parte propria immodificata. Di una sinistra che teme il bipolarismo, l’alternanza, il melting pot di ceti e classi… di una sinistra che pretende di contare e vincere, senza attraversare i traumi del cambiamento”.
Sulle gambe di chi camminarono “I Democratici”?
Un ricco elenco di promotori
Cinquantatre i Promotori, tra cui Leopoldo Elia, Sergio Fabbrini, Paul Ginsborg, Ermanno Gorrieri, Pietro Ichino, Oreste Massari, Franco Monaco, Alberto Monticone, Gianfranco Pasquino, Andrea Riccardi, Carlo Trigilia…. Il Comitato editoriale: Enzo Balboni, Augusto Barbera, Gino Giugni, Andrea Manzella, Arturo Parisi, Pietro Scoppola, Walter Veltroni. La Direzione: Gianmario Anselmi, Enrico Beltramini, Stefano Ceccanti, Giovanni Cominelli, Alberto De Bernardi, Luca Diotallevi, Emma Fattorini, Claudia Mancina, Salvatore Natoli, Beppe Tognon, Giorgio Tonini. Direttore responsabile Alberto De Bernardi, Capo redattore Giovanni Cominelli.
Presentai la rivista in una sera romana nel salotto della Contessa Giuliana Olcese a Giorgio Napolitano e a Carlo Azeglio Ciampi. “Ci sono già troppe riviste”, commentò Napolitano. A Milano la sottoposi all’attenzione di Massimo D’Alema, segretario del PDS. Lesse i nomi sopra elencati e sibilò “questi mi spareranno contro”. Ma anche viceversa! Certo è che, scorrendo quell’elenco di nomi, non si può non notare che Libertà Eguale è sbocciata su un terreno già ben arato.
E’ stato consigliere comunale a Milano e consigliere regionale in Lombardia, responsabile scuola di Pci, Pds, Ds in Lombardia e membro della Commissione nazionale scuola, membro del Comitato tecnico scientifico dell’Invalsi e del CdA dell’Indire. Ha collaborato con Tempi, il Riformista, il Foglio, l’ Avvenire, Sole 24 Ore. Scrive su Nuova secondaria ed è editorialista politico di www.santalessandro.org, settimanale on line della Diocesi di Bergamo.
Ha scritto “La caduta del vento leggero”, Guerini 2008, “La scuola è finita…forse”, Guerini 2009, “Scuola: rompere il muro fra aula e vita”, BQ 2016 ed ha curato “Che fine ha fatto il ’68. Fu vera gloria?”, Guerini 2018.