di Alberto Colombelli
Dieci anni dall’elezione di Barack Obama. Contro una diseguaglianza di destino, sua principale eredità e vera sfida del nostro tempo.
4 novembre 2008-2018. Dieci anni fa Barack Obama veniva eletto Presidente degli Stati Uniti d’America.
Obama per una società più giusta
Di tutti i richiami di allora una frase che più di altre nel tempo assume importanza nel suo racconto di oggi: “Michelle e io non veniamo da origini benestanti. Noi non abbiamo famiglie famose. Ma non è stato solo che abbiamo lavorato duro. È stato anche che qualcuno ha investito su di noi. Questo è quello che ha fatto il nostro Paese per noi.”
Una questione di civiltà e rispetto. Permettere a tutti il medesimo punto di partenza e valorizzare le persone. Una società migliore. Il nostro futuro, insieme. Nella piena affermazioni del più profondo spirito liberale che possa assumere una democrazia.
Ideali e valori che anche alle nostre latitudini non mancano oggi di occasioni di essere ben rivendicati e riaffermati. Basta saperle cogliere e leggere.
Macron contro le diseguaglianze di destino
Come con coraggio, passione, visione e perseveranza offertoci da Emmanuel Macron nel suo discorso al Congresso francese riunito a Versailles non più tardi del 9 luglio scorso: “Quello al quale io credo non è un progetto per il successo materiale di pochi, ma è un progetto per migliorare la vita di tutti perché non è il piccolo numero che conta per me, ma la comunità dei nostri concittadini, dal basso verso l’alto della scala sociale. (…) Credo che tutte le società che hanno propagandato l’idea che la prosperità debba necessariamente portare a crescenti diseguaglianze pagano un prezzo pesante. Alcuni hanno già iniziato a pagare”.
Fino a portarlo a porre l’accento sulla principale diseguaglianza da rimuovere, quella che ha definito di destino: “C’è una forma di diseguaglianza che sta crescendo, che non è una diseguaglianza di reddito, anche se questa esiste. È la diseguaglianza di destino: a seconda di dove sei nato, della famiglia in cui sei cresciuto, della scuola che hai frequentato, il tuo destino è il più spesso sigillato. E queste diseguaglianze di destino negli ultimi trent’anni sono progredite, che lo vogliamo vedere o meno. Questo è ciò che mi ossessiona. Il nostro modello sociale deve scegliere di affrontare le profonde radici delle diseguaglianze di destino, quelle che sono decise ancor prima della nostra nascita, che insidiosamente favoriscono alcuni e inevitabilmente svantaggiano gli altri senza che vengano viste. Il modello che voglio difendere richiede che non siano più la nascita, la fortuna o le reti che controllano la situazione sociale, ma i talenti, lo sforzo, il merito. Sì, a mio avviso, il vero cuore di una politica sociale, quello che dobbiamo portare non è quello di aiutare le persone a vivere meglio la condizione in cui sono nati e destinati a rimanere, ma a uscirne. Il pilastro principale della politica sociale a cui credo è una politica di emancipazione di ciascuno che si libera dal determinismo sociale, che si libera dal proprio stato d’origine”.
Le uguali opportunità
È questa la vera sfida che può rendere la nostra visione davvero all’altezza della missione che intendiamo perseguire, nell’esatto spirito con cui si aprì nel 1948 la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti”.
Se vogliamo trovare il vero senso del nostro impegno non possiamo, come sempre, che partire da qui. Insieme.
Una scelta che impone di assumere come principale priorità di giustizia sociale non tanto o, forse meglio, non solo la lotta contro la povertà ma prima ancora la lotta contro i privilegi, perché sono questi l’origine delle diseguaglianze impedendo a tutti di avere uguali condizioni di partenza, con i primi a pagarne le drammatiche conseguenze in questi anni proprio quei giovani oggi legittimamente distanti che vengono ora chiamati a più voci a ritornare a partecipare alla vita democratica, verso i quali si deve dimostrare di poter meritare una riacquisita fiducia riaprendo loro alla speranza.
Democrazia e libertà
Ne va non solo del loro ma del nostro futuro. Di democrazia, di libertà e di vera, non solo proclamata, dignità.
“La nostra risposta è la speranza del mondo; è fare affidamento sui giovani. Le crudeltà e gli ostacoli di questo pianeta che cambia così velocemente non porteranno a dogmi obsoleti e slogan desueti. Non può essere mosso da quelli che si aggrappano al presente che è già moribondo, che preferiscono l’illusione della sicurezza all’eccitazione e al pericolo che arriva anche con il più pacifico progresso. Questo mondo richiede le qualità dei giovani: non un periodo della vita, ma uno stato mentale, un temperamento della volontà, una qualità dell’immaginazione, una predominanza del coraggio sulla timidezza; dell’appetito per l’avventura sulla vita tranquilla. E’ un mondo rivoluzionario quello in cui viviamo, e perciò, così come ho detto in America Latina e in Asia e in Europa e nel mio paese, gli Stati Uniti, sono i giovani che devono prendere il comando. Perciò voi e i vostri giovani compatrioti, in ogni parte della terra, vi siete trovati sotto il più grande carico di responsabilità di qualsiasi altra generazione che sia mai vissuta. “Non c’è”, disse un filosofo italiano, “niente di più difficile da prendere in mano, di più pericoloso da condurre, o di più incerto successo che il prendere la guida al fine di introdurre un nuovo ordine di cose”. Adesso questa è la dimensione del compito della vostra generazione e il cammino è cosparso di molti pericoli.” (Robert F. Kennedy, “Ripple of Hope”, Day of Affirmation, Discorso all’University of Capetown, 6 giugno 1966)
L’eredità che ci lascia Barack Obama
Da quando il mandato di Barack Obama alla Presidenza degli Stati Uniti d’America è giunto al termine si leggono diversi articoli con cui viene presentato un possibile quadro sull’azione e sull’efficacia della sua Amministrazione che in termini concreti possono anche trovare punti condivisibili.
In generale tuttavia tendono a non offrire il vero senso e la piena portata dei suoi otto anni di Presidenza, in termini di missione perseguita, di ideali messi in gioco e di ispirazione offerta. Che vanno ben oltre un puro calcolo “ragionieristico” del fatto e del non fatto, del riuscito bene e del riuscito meno bene.
Ogni giorno Barack Obama ha celebrato proprio l’uguaglianza tra noi, denunciando la falsità di ogni pretesa distinzione tra gli uomini. Ogni giorno ha puntato sulla qualità delle persone e mai cinicamente sulle loro paure. Con una sola missione e un solo obiettivo, sempre dichiarati senza remore. Progresso sociale e uguaglianza.
Mi rendo conto che non tutti coloro che cercano il vero contributo della sua Amministrazione hanno la capacità di coglierlo. Perché richiede avere una minima sensibilità. Ma la risposta che cercano è questa.
Progresso sociale e uguaglianza
Il Presidente Obama ha speso ogni suo giorno conducendo una lotta per proteggere tutti eliminando proprio le differenze di partenza – non importa chi sei, da dove vieni, quello che sembri, o che ami. Dalla riforma sanitaria alle protezioni per i cittadini LGBT, dall’impegno per rendere il sistema di immigrazione più equo e più sicuro alla lotta alla povertà fino agli investimenti nelle comunità, ecco dove si trova il vero primato di questa Amministrazione.
Per questo penso sia stato un vero onore poter vivere la sua epoca ed è un assoluto privilegio poter pensare di continuare ad alimentare il nostro impegno con la passione che nasce dalla sua ispirazione.
Consulente d’impresa, esperto in Corporate Banking. Già delegato dell’Assemblea Nazionale del Partito Democratico, è attivo nell’Associazione europeista Freedem e nell’Associazione InNova Bergamo. Ha contribuito al progetto transnazionale di candidatura UNESCO delle ‘Opere di difesa veneziane tra il XV e il XVII secolo’. Diplomato ISPI in Affari europei. Componente del Comitato scientifico di Libertà Eguale. E’ impegnato nella costruzione di una proposta di alleanza tra tutti gli europeisti riformatori.