di Pietro Ichino
La conferma della coppia Mattarella-Draghi al vertice dello Stato fa bene al Paese, anche se avviene a causa del collasso del suo sistema politico – La Destra si frantuma e, con la disintegrazione del M5S, torna possibile un asse di Centro-Sinistra, unica realtà politica uscita in modo decente dalla caotica vicenda
Come è andata?
Per l’Italia abbastanza bene: l’accoppiata Mattarella-Draghi al vertice dello Stato garantisce l’affidabilità del Paese e la prosecuzione del suo ruolo-chiave nella costruzione della nuova Unione Europea. Con un “però”: il suo sistema politico ha dato di sé un’immagine ancor più caotica del solito; e questo appanna un po’ sia l’affidabilità sia il ruolo-chiave.
Sul piano politics, bene anche per il Governo Draghi e le prospettive della sua maggioranza di durare senza strappi fino alla fine della legislatura: proprio la confermata, anzi aggravata debolezza dei partiti restituisce al Capo del Governo quel potere decisionale di fatto che era andato logorandosi nella seconda parte dell’anno scorso, ridandogli una possibilità maggiore di tirare dritto nella realizzazione del programma nonostante le bizze e i mali di pancia delle forze (o debolezze?) che lo sostengono.
Tutto sommato bene anche per la persona stessa di Mario Draghi, di cui non è intaccata la candidatura a succedere a Sergio Mattarella quando ques’ultimo – come è più che probabile – entro due o tre anni si dimetterà: anche perché c’è da pensare che queste dimissioni arriveranno, se possibile, nel momento più adatto per il successo senza traumi di quella candidatura.
Male per la Destra, che esce da questo passaggio istituzionale frustrata e frantumata non soltanto tra le sue componenti, ma all’interno di ciascuna di esse: una vera catastrofe.
Non altrettanto male, invece, per l’asse Letta-Renzi, che ha operato sapientemente per far eleggere Draghi senza esporlo a disastri tipo Casellati, e quando questo si è rivelato impossibile ha realizzato quello che è sempre stato per entrambi i leader il piano B.
Ma il fatto positivo è, soprattutto, che l’asse Letta-Renzi si sia ricostituito, dopo che Letta ha constatato la sostanziale inaffidabilità della propria ala sinistra e la catastrofe del M5S (letteralmente polverizzato), mentre Renzi ha constatato l’improponibilità di un alleanza con alcuna parte di questa Destra.
Si riparte da qui.
Già senatore del Partito democratico e membro della Commissione Lavoro, fa parte della presidenza di Libertàeguale. Ordinario di Diritto del lavoro all’Università statale di Milano, già dirigente sindacale della Cgil, ha diretto la Rivista italiana di diritto del lavoro e collabora con il Corriere della Sera. Twitter: @PietroIchino