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Adelante Pedro (Sanchez), con juicio

Stefano Ceccanti lunedì 29 Aprile 2019
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di Stefano Ceccanti

 

La prima fake news è quella secondo cui lo spoglio sarebbe stato veloce per grandi sforzi tecnologici. In realtà da sempre gli spagnoli ci mettono tre ore. In realtà il punto è che non esiste una scheda. Ogni elettore mette in una busta solo la lista votata che è rigorosamente, senza preferenze. Per lo scrutinio basta estrarre dalla busta e fare facili mucchietti.

La seconda è che la sinistra abbia vinto in voti. In realtà se si aggregano le forze dei due blocchi maggiori vi è una sostanziale equivalenza in voti: Psoe e Podemos fanno il 43%; Pp, Ciudadanos e Vox fanno 42,9%. Perché allora c’è una differenza significativa in seggi, ossia 165 contro 147? A causa del sistema elettorale che non prevede recupero nazionale dei resti, che si ferma a l livello delle circoscrizioni provinciali dove si assegnano di solito pochi seggi col sistema d’Hondt, che è meno proporzionale del quoziente. A parità di voti uno schieramento con due partiti prende più seggi di uno con tre e uno schieramento con un partito nettamente più grande è ancor più favorito. Al Psoe un seggio costa 61 mila voti, al Pp 66, a Ciudadanos 73 mila, a Podemos 89 mila.

La terza è che il Re ora abbia molto da fare per comporre un Governo. In realtà secondo Costituzione il Re, coadiuvato dal Presidente della Camera deve fare solo una cosa, trovare un candidato a presiedere il Governo, il quale, una volta individuato, fa tutto da solo. Stavolta il Re non ha proprio niente da fare perché il candidato è naturale, il socialista Sanchez.

La quarta è che il suddetto Sanchez debba trovare per forza 176 sì, ossia la maggioranza assoluta in una Camera di 350 membri. Messa così la cosa sembrerebbe impossibile perché dovrebbe o accordarsi con Ciudadanos (con cui al momento i rapporti sono pessimi) o dovrebbe fare un’alleanza di sinistra estesa ai secessionisti, i quali, per l’appunto vogliono una secessione che non può loro concedere. In realtà il candidato deve avere 176 voti solo nella prima votazione. Se fallisce due giorni dopo gli basta di meno, gli basta la maggioranza relativa, ossia che i Sì battano i No. Ora, dopo delicate e no brevi trattative, Sanchez parte comunque da 172, ossia i suoi 123, i 42 di Podemos, i 6 democristiani del Pnv, il deputato di Compromis e quello della Cantabria. Gli mancano insomma tre astenuti o assenti. Un obiettivo alla portata perché prescinde dal voto favorevole dei secessionisti: cosa tutt’altro che scontata alla vigilia.

La quinta è che ci sarebbe stata un’esplosione di Vox, che alcuni addirittura stimavano al 15%. Una fake però non priva di conseguenze perché ciò ha permesso di mobilitare gli astenuti di sinistra. Nella storia elettorale della rinata democrazia spagnola c’è una correlazione stretta tra alta partecipazione e successo della sinistra. In questo senso si può dire che Sanchez ha avuto una certa vittoria perché è stato relativamente fermo: oltre alla rimobilitazione degli astenuti hanno lavorato per lui sia le liti interne di Podemos che hanno indebolito a suo favore quella forza politica (secondo uno studio pubblicato dal Cise un elettore su cinque di Podemos si è spostato sul Psoe) sia l’intruppamento di Ciudadanos nel blocco di destra e la radicalizzazione a destra del Pp che gli hanno aperto spazio nell’elettorato centrista (un 7,1 per cento dell’elettorato di Ciudadanos è andato sul Psoe e così anche il 4,7% dell’elettorato Pp).

Questi numeri si riferiscono al modo con cui il Governo nascerà. Altra cosa invece il modo con cui il Governo governerà. Si sta infatti parlando non di un Governo di coalizione ma di un monocolore socialista che potrà giocare su maggioranze variabili poggiando ora su Podemos ora su Ciudadanos e su vari gruppi regionali senza schemi fissi. Un grande vantaggio.

Qui il link allo studio del Cise

https://cise.luiss.it/cise/2019/04/29/a-major-party-and-four-median-parties-in-one-parliament-the-spanish-general-elections-in-2019/

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