Per almeno un decennio, Alexey Navalny è stato il principale oppositore russo del presidente Vladimir Putin: ha sostenuto le proteste anti-Putin nel 2011, ha lanciato una campagna per la carica di sindaco di Mosca, attraverso la sua fondazione ha denunciato la corruzione nelle alte sfere e nel 2020 è stato avvelenato per mano – è convinzione diffusa – del potere russo.
Dopo aver ricevuto le cure necessarie in Germania, Navalny è tornato in Russia nonostante avesse la quasi certezza di finire in prigione e di non uscirne più da vivo. Ha languito in una colonia penale a est di Mosca, poi in un’altra in Siberia, a nord del circolo polare artico. La sua determinazione e il suo coraggio (e perfino il suo sense of humor: https://www.reuters.com/…/court-day-before-his-death…/) sono stati senza dubbio notevoli ( https://www.reuters.com/…/russias-navalny-jokes-about…/).
Navalny è morto in prigione all’età di 47 anni, ha comunicato venerdì il servizio carcerario russo. La sua morte ha suscitato aspre critiche contro il Cremlino, anche da parte del presidente degli Stati Uniti Joe Biden ( https://edition.cnn.com/…/joe-biden-putin-responsible…). All’annuale Munich Security Conference, la moglie di Navalny, Yulia, ha dichiarato che “Putin e i suoi amici” saranno ritenuti responsabili di ciò che hanno “fatto al nostro Paese e… alla mia famiglia e a mio marito” ( https://youtu.be/RHevhoEW5TI?si=gJ33VS_C5Rb1UYy0).
Navalny ha trascorso molto tempo in isolamento e ha ricevuto cure mediche inadeguate, ha raccontato a Fareed Zakaria la figlia di Navalny, Dasha, su GPS, il programma di punta della CNN sugli affari internazionali, ancora nel gennaio del 2023 ( https://edition.cnn.com/…/exp-gps-0108-dasha-navalny-on…).
Nel 2020, dopo l’avvelenamento di Navalny, Masha Gessen del New Yorker aveva scritto delle mosse precedenti del Cremlino contro “l’avversario più importante di Putin”: “Nel 2013, il Cremlino ha cercato di mettere a tacere Navalny mandandolo in prigione, ma migliaia di moscoviti si sono riversati nelle strade, rischiando a loro volta l’arresto, e le autorità hanno rapidamente fatto marcia indietro. Navalny in seguito ha trascorso mesi agli arresti domiciliari, poi ha trascorso un periodo dopo l’altro di fermo amministrativo, che è durato da dieci giorni a un mese. Il regime, in altre parole, ha cercato di metterlo a tacere con mille pugnalate invece che con un singolo colpo che avrebbe potuto ispirare il tipo di protesta che spaventa Putin” ( https://www.newyorker.com/…/the-suspected-poisoning-of…).
Non per caso, Giuliano Ferrara ricorda oggi su Il Foglio che, nei suoi Quaderni, Antonio Gramsci aveva riportato un brano del libro di Eugenio D’Ors: “Vi sono due modi di uccidere, uno quello designato francamente dal verbo uccidere. L’altro, che si sottintende abitualmente dietro il delicato eufemismo ‘rendere la vita impossibile’. E’ l’assassinio perpetrato, in modo lento e oscuro, tramite una folla di invisibili complici. E’ un auto-da-fè, senza strangolamento e senza rogo, messo in atto da una inquisizione che non conosce giudici né sentenze” ( https://www.ilfoglio.it/…/il-secondo-assassinio-oscuro…/).
Su The Atlantic, Anne Applebaum scrive: “Anche dietro le sbarre Navalny era una autentica minaccia per Putin, perché era la prova vivente che il coraggio è possibile, che la verità esiste, che la Russia potrebbe essere un paese diverso” ( https://www.theatlantic.com/…/navalny-death…/677485/). The Economist aggiunge: “Persino le celle di isolamento di queste gelide prigioni non potevano metterlo a tacere o minarne le forze (…) Non si è mai pentito della sua decisione di tornare, anche se i suoi compagni di cella e le guardie glielo chiedevano di continuo. Diceva loro che aveva delle convinzioni: non avrebbe rinunciato alle sue idee e al suo Paese. Diceva anche ai suoi sostenitori di non arrendersi. ‘Lo Stato putinista non può durare’, ha scritto a gennaio, nel terzo anniversario del suo ritorno in Russia. ‘Un giorno ci guarderemo in giro e lui non ci sarà più’” ( https://www.economist.com/…/alexei-navalny-didnt-just…).
Già senatore del Partito democratico, membro della Commissione Esteri e della Commissione Politiche Ue, fa parte della presidenza di Libertàeguale. Parlamentare dal 2001 al 2018, è stato segretario regionale dei Ds del Friuli Venezia Giulia.
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