di Alessandro Maran
Il voto in Alto Adige conferma lo choc bavarese: sta cambiando tutto. Ma c’è ancora tempo per una reazione.
Traballa, dunque, anche la Südtiroler Volkspartei, che si conferma il primo partito ma in netto calo rispetto al 2013. Come la CSU bavarese, la SVP perde quasi 10 punti. E com’è accaduto il 14 ottobre scorso in Baviera (anche lì, in una delle più ricche regioni d’Europa, dove la disoccupazione quasi non esiste, la crisi migratoria del 2015 è stata gestita incredibilmente bene ed il partito che ha governato per decenni, negli ultimi mesi si è spostato parecchio a destra) il risultato la dice lunghissima sull’esaurimento dei tradizionali sentimenti di appartenenza e di identificazione nei partiti e su una mobilità elettorale crescente e storicamente senza precedenti. Perfino in provincia di Bolzano, dove l’autonomia è funzionale alla tutela minoritaria e la tutela delle minoranze è il fine dell’autonomia.
Una tendenza europea
È la tendenza più importante che, da un pezzo, si riscontra in Europa in tutte le tornate elettorali e sulla quale si è soffermato anche l’Economist. «L’Unione Cristiano Sociale – scriveva il settimanale britannico dopo il voto in Baviera – è stata la sintesi di quello che i tedeschi chiamano ‘Volksparteien’, ovvero partito popolare. Queste grandi big-tent, di centro-destra e di centro-sinistra, nella maggior parte dei paesi occidentali detenevano una sorta di monopolio sulla politica. Ma nella maggior parte dei paesi occidentali, quel monopolio si sta dissolvendo».
In Francia, crescono l’estrema destra, l’estrema sinistra e il centro radicale, e gollisti e i socialisti hanno perso importanza. In Olanda, in Spagna e in Svezia i vecchi cristiano-democratici e i vecchi socialisti sono stati ridimensionati da forze più dinamiche a destra, a sinistra e al centro. In Grecia e in Austria il centro-destra è in difficoltà e i socialdemocratici sono in profonda crisi. In Germania il sostegno per la CDU e la SPD sta crollando su tutta la linea (con alcune interessanti eccezioni regionali), mentre crescono i Verdi e la AfD.
Solo nel Regno Unito i due partiti tradizionali resistono ancora, ma devono ringraziare unicamente il sistema elettorale maggioritario uninominale (conosciuto come first-past-the-post), che genera una grande distorsione dal punto di vista della rappresentatività.
Il fatto è che «la vecchia idea di grandi partiti tradizionali come camere di compensazione di punti di vista diversi e diversi interessi sta lasciando il posto a qualcosa di più tribale» e bisogna riconoscere che il declino dei partiti tradizionali rappresenta «la fine dell’era del consenso e l’alba di una nuova era di conflitto intra-europeo».
Un cambiamento storico
Stiamo assistendo, insomma, ad un cambiamento storico. I partiti tradizionali sono sotto pressione come mai prima d’ora e dappertutto stanno emergendo nuovi concorrenti (tra il 2004 e il 2015, la percentuale raccolta dai partiti tradizionali è scesa di 14 punti, mentre quella conquistata dai nuovi partiti populisti è più che raddoppiata). Insomma, il sistema dei partiti europeo è più instabile che mai, con un numero sempre più grande di persone che cambiano il loro voto da una elezione all’altra e non mostrano più la fedeltà partigiana che ha caratterizzato le generazioni precedenti. L’emorragia dei partiti tradizionali e la crescita del peso dei nuovi partiti riflette un processo di crescente volatilità, cominciato negli anni ’70, che si è accelerato durante gli anni ’90 ed ha registrato una impennata durante la recessione, raggiungendo livelli mai riscontrati in precedenza, neppure nel periodo tra le due guerre. La maggiore disponibilità da parte della gente a cambiare il loro voto da un ciclo elettorale all’altro, spiega, tra l’altro, perché un partito come il Movimento Cinque Stelle possa nascere e conquistare la maggioranza relativa alle elezioni politiche nello spazio di soli dieci anni. E spiega, in Alto Adige, il boom del Team Köllensperger, una sorta di lista civica fondata solo quatto mesi fa dai dissidenti del Movimento 5 Stelle e la crescita della Lega che ha cannibalizzato i voti della destra tradizionale che a Bolzano aveva solide radici.
Gli spazi per i nuovi contenitori
Insomma, non dobbiamo attendere per sapere se la politica europea è destinata a cambiare: è già cambiata. «Molti desiderano una nuova casa politica – ha osservato appunto Katharina Schulze, l’astro nascente dei Verdi tedeschi, nel corso di un’intervista -, sentono che le cose stanno cambiando e che il vecchio modo di fare politica è superato». Si tratta di tendenze sulle quali dovremmo riflettere. Anche dalle parti del Pd. Lo spazio e gli elettori per un nuovo contenitore con una nuova leadership in grado di parlare agli elettori assettati di novità, ci sono. «A volte mi chiedo che cosa stiamo aspettando. Che sia troppo tardi madame…», scriveva Alessandro Baricco.
(Articolo pubblicato su Il Foglio, 23 ottobre 2018)
Già senatore del Partito democratico, membro della Commissione Esteri e della Commissione Politiche Ue, fa parte della presidenza di Libertàeguale. Parlamentare dal 2001 al 2018, è stato segretario regionale dei Ds del Friuli Venezia Giulia.