di Federica Roccisano
Da circa un anno un folto schieramento di donne provenienti da ogni area politica, da sinistra a destra passando per il movimento 5 stelle e fino alla società civile non partitica, si sta battendo in Calabria per ottenere l’approvazione in Consiglio Regionale della legge che introduca la doppia preferenza di genere.
Non sarebbe niente di atipico, né tantomeno di innovativo. Si tratterebbe, per dirla in maniera chiara, di un mero atto dovuto dal momento che esiste una legge nazionale, la legge 20/2016, che rimanda alle Regioni il recepimento della norma e quindi l’introduzione della doppia preferenza di genere per tutelare la rappresentanza dei generi nelle competizioni elettorali per i consessi regionali.
Una battaglia con una valenza particolare
La battaglia delle donne calabresi, però, proprio perché nasce in Calabria acquisisce una valenza particolare. Le donne, infatti, stanno chiedendo a gran voce l’approvazione della legge per avere la possibilità di portare nella massima sede legislativa della Regione, la posizione delle donne.
Stanno chiedendo, di non essere più semplicemente nominate ed “a servizio” di una causa già confezionata. No. Loro stanno chiedendo di essere motore propulsivo della politica regionale ed essere così artefici di quei cambiamenti che farebbero bene alle donne e che farebbero crescere l’economia e la società calabrese tutta.
Per questo è urgente e importante questo urlo delle donne. Perché viene dalla Regione che detiene il più alto tasso di disoccupazione femminile (25,9%, oltre il doppio del livello nazionale pari al 12%), ma che ha anche tra i livelli più bassi di servizi per minori, quali asili nido e centri di aggregazione.
Non solo, viene dall’unica Regione dove ancora oggi le politiche sociali non sono passate ai Comuni e quindi manca il tassello principale per la costruzione dei servizi di Welfare territoriali, quei servizi che organizzando l’offerta della cura potrebbero portare ad alleggerire il peso della responsabilità familiare delle donne e farle accedere al mercato del lavoro.
Infine, l’urlo delle donne viene dalla Regione nella quale il consiglio regionale ha più volte manifestato contro la violenza di genere, ma ancora non si è dotato di una legge propria che recepisse gli ultimi aggiornamenti legislativi nazionali.
È evidente quindi che i margini di azione di una rappresentanza piena a vantaggio delle donne, sono tanti, diversi e con effetti positivi su tutto il territorio.
Per questo motivo, le donne calabresi che stanno manifestando il loro disagio verso una politica antica e resistente al cambiamento, meritano il supporto di tutti, non solo nella Calabria, ma di tutto il Paese.
Ph.D Politica Economica. Presidente della Cooperativa Sociale Hermes 4.0. Ex Assessore Scuola, Lavoro, Welfare Regione Calabria. Democratica