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Calendario globale 2025: la geopolitica in un mondo che ha perso i poli

Giovanni Cominelli mercoledì 1 Gennaio 2025
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di Giovanni Cominelli

Sul crinale del 2024/25 gli Istituti di ricerca internazionale, le Riviste di politica internazionale e numerosi “think tank” lanciano sonde di previsione nelle profondità del 2025.
Nella sua “Lettera del Lunedì” Le Grand Continent offre un elenco delle principali scadenze globali del 2025: a gennaio l’insediamento di Donald Trump al suo secondo mandato, a febbraio le elezioni federali in Germania, a marzo la fine prevista del mandato del governo di transizione in Siria, ad aprile vertice in Ruanda sull’IA. A maggio celebrazione degli 80 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, a giugno 35° vertice della NATO a L’Aia, ad agosto vertice dei BRICS, a settembre 80ª sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, a ottobre elezioni legislative in Argentina. A novembre COP30 in Brasile, a dicembre discussione del Bilancio i tutti gli Stati europei e non solo.
Su queste scadenze pesa l’eredità del 2024: l’aggressione russa ormai triennale all’Ucraina e la resistenza eroica del popolo ucraino; la pluri-guerra in Medio Oriente scatenata da Hamas e dal suo protettore l’Iran; la sanguinosa guerra civile in Sudan, l’assedio cinese a Taiwan.
Più una cinquantina di conflitti in giro per il mondo. A noi Italiani il 2024 lascia sulla bilancia anche il recente arresto in Iran della giornalista Cecilia Sala.

Tre blocchi imperiali: Usa, Cina, Russia

Nella nebbia del disordine mondiale si intravede la formazione di tre blocchi imperiali in competizione, negli interstizi dei quali si muovono aggressivamente varie potenze locali. Il bipolarismo di Yalta è finito. Il mondo ha perduto i poli.
In questo scenario la guerra tra imperi sta diventando un’opzione politica sul tavolo. Naturalmente nessuno vuole una guerra mondiale con un altro Impero. Ciascuno degli Imperi e dei loro vassalli locali pensa al proprio utile locale: la Cina vuole solo Taiwan, la Russia vuole solo un pezzo del vecchio Patto di Varsavia, gli Usa capovolgono la geografia della dottrina Monroe del 1823: da Panama in su, verso il Canada e la Groenlandia.
Anche del 1914 l’idea degli Imperi era quella di aggiustare qualche confine e qualche dazio a proprio vantaggio. L’effetto di tale sonnambulismo furono due Guerre mondiali con il massacro di decine di milioni di persone, l’inizio della fine dell’Europa, l’entrata nell’era della Bomba.

La democrazia liberale per attivare la pace

Si può bloccare il meccanismo del riarmo e della guerra?  Al tempo dell’Intelligenza Artificiale non vale più l’immagine dei minuscoli granelli di sabbia che possono inceppare gli ingranaggi meccanici.
Più pertinente forse quella del virus informatico in grado di paralizzare i micro-circuiti della deriva verso la guerra. Il “virus” è l’intervento diretto e attivo di miliardi di individui sulla scena pubblica del mondo, attraverso i canali della partecipazione e della decisione democratica. Non c’è altra strada.
Nel periodo appena precedente alla Prima guerra e alla Seconda masse di piccola e media borghesia e di proletariato scesero nelle piazze invocando la guerra come apocalittica igiene del mondo e come liberazione.
L’apocalisse arrivò, la liberazione no. Oggi non si vede una tensione bellicista di massa. Non in Occidente, almeno.  È bene, si intende!  Ma la ragione è che è diventato difficile portare le masse dell’Occidente verso una mobilitazione, se non per i propri interessi più immediati legati al benessere.
Stanchezza e paura stanno facendo mancare persino l’appoggio alla guerra di resistenza ucraina, nella quale a morire sono solo gli Ucraini.

Ostacoli alla mobilitazione civile e politica contro la guerra

Occorre prendere atto che la mobilitazione civile e politica per fermare la guerra e costruire un nuovo ordine mondiale incontra più di un ostacolo. Pare non si riesca a istituire nell’opinione pubblica un nesso tra la pace e il proprio benessere immediato.
Il primo ostacolo dipende dal fatto che la maggioranza degli esseri umani vive sotto regimi che non prevedono nessuna mobilitazione politica, se non quella indotta dall’alto, secondo i fini perseguiti dalle dittature, che oggi si usa definire amabilmente autocrazie. La democrazia liberale – cioè l’Habeas corpus, i diritti di espressione, la separazione dei poteri e le libere elezioni – è in minoranza nel mondo.
Il secondo ostacolo è che le democrazie liberali nazionali si dimostrano incapaci di risolvere i problemi dei singoli Stati, perché i problemi sono, appunto, globali, e di abbozzare una difesa militare contro le aggressioni e le minacce esterne.
La volatilità elettorale, l’astensionismo crescente, la personalizzazione carismatica nei partiti convergono nel produrre una sensazione di impotenza della politica democratica e una nostalgia di scorciatoie, di deleghe cieche, di dismissione di responsabilità.
Che le libertà democratiche e i diritti non siano un sotto-prodotto spontaneo del divenire storico, ma il risultato di mobilitazioni pacifiche e di guerre sanguinose è qualcosa che le generazioni del benessere stanno dimenticando e che gli adulti stanno sempre meno trasmettendo ai figli.

Tecnopolitica e tecnoguerra

Ma l’ostacolo più serio alla mobilitazione e alla partecipazione democratica è l’isolamento di ciascun individuo rispetto a ciascun altro, che le nuove tecnologie della comunicazione rendono possibile.
Nate per accelerare la comunicazione reciproca, stanno ottenendo un paradossale “effetto-monade”. Leibniz si rivolta felice nella tomba. Gli individui-monade si parlano, tutti con tutti, ogni bolla con l’altra bolla, ma mai in orizzontale, solo in verticale. Si parlano “in Dio”, cioè “in Google” e sempre di più in ChatGPT.
La “folla solitaria” di cui scrisse Riesman – The Lonely Crowd 1950 – si è dissolta in miliardi di micro-molecole che si comprendono come gli uomini della Torre di Babele. Se nel passato risultava relativamente facili ai regimi totalitari gettare in piazza folle osannanti e, eventualmente, spedirne qualche milione in trincea, oggi è ancora più facile manipolare miliardi di individui preventivamente isolati.
Da parte di chi? Di un intreccio tra superpotenze della comunicazione e Imperi – Marx scriverebbe forse dello Stato tecno-imperiale come nuovo Comitato d’affari – il cui scopo non è primariamente mandare in piazza o al fronte milioni di individui – benché Putin insista su questa strategia tradizionale – ma quello di sottomettere miliardi di individui.
Questa tecno-politica può sotto-produrre una tecno-guerra “pulita”, che non versa, forse, molto sangue, ma produce paralisi e sottomissione. Come è evidente, la battaglia per pace coincide con quella per la democrazia e per le libertà umane, anche nel 2025.

 

Pubblicato su www.santalessandro.org il 31 dicembre 2024

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