dì Lia Quartapelle
Mi è stato chiesto, direttamente e indirettamente, da alcune persone. Perché tu, che avevi sostenuto Renzi, ora sostieni Zingaretti? Ve la riassumo così. Il riformismo, cioè quella posizione politica che si oppone da un lato alla conservazione e dall’altro alla rivoluzione, è fatta dal coraggio di cambiare le cose attraverso riforme graduali.
Ed è il migliore atteggiamento per sconfiggere il populismo.
Abbiamo fatto il PD per avere un soggetto riformista in grado di cambiare l’Italia. Siamo stati riformisti con Prodi, con Veltroni, con Renzi, con Gentiloni. Cioè nelle nostre migliori stagioni. Vogliamo continuare a esserlo, e per farlo, dobbiamo cambiare e adattarci alla realtà. Che richiede al centrosinistra di fare riforme sul versante sociale e popolare. La realtà non ci richiede di fermarci nella nostalgia di una stagione che fu, di cui non rinnego niente.
Di seguito, se la volete leggere, la risposta più lunga che abbiamo dato con Lorenza Bonaccorsi, Enza Bruno Bossio, Rosa Maria De Giorgi, Elisabetta Gualmini, Marianna Madia. Mi fa piacere se leggete, anche perché mi sembra che il dibattito di questi giorni sia solo di tifoserie. E invece sarebbe bello confrontarci, anche da punti di vista diversi, sul senso di quello che siamo e che dobbiamo diventare.
“Con Nicola Zingaretti per un nuovo Partito Democratico
Il riformismo è un atteggiamento critico verso la realtà, verso ogni realtà. Anche quella frutto di politiche di governo che generano dal riformismo stesso. Perché quando il riformismo cambia la propria realtà di riferimento, è chiamato a cambiare esso stesso. Se il paradigma progressista resta legato sentimentalmente e razionalmente alle formule elaborate nel passato, perde contatto con la realtà, nel ricordo di una stagione che può essere stata anche felice, ma che ormai è tramontata.
Noi pensiamo che la storia del riformismo sia quella della ricerca di soluzioni sempre nuove e coerenti con le trasformazioni più profonde della società. Soluzioni non preconfezionate, ma che cambino e migliorino in ogni momento storico le condizioni economiche, sociali e culturali di tutti i cittadini. Né estremismo, né moderatismo, ma mutamento dinamico di norme, politiche e assetti istituzionali in risposta alle richieste e alle aspettative che le donne e gli uomini rivolgono alla politica.
Oggi gli effetti della globalizzazione hanno prodotto nelle democrazie occidentali una domanda di maggiore protezione sociale.
Una domanda che non può essere più elusa e necessita di una poderosa azione politica riformista che si faccia carico di una risposta che sani le fratture sociali.
Abbiamo sempre pensato al Pd come al partito del riformismo radicale.
Al partito capace di farsi cambiamento permanente e creativo.
Il riformismo del Pd non può avere dogmi. E verso i risultati positivi del passato deve sapere riconoscere la propria discendenza culturale, non una passiva dipendenza.
Vale per ogni stagione riformista della sinistra italiana. Per l’ulivismo di Romano Prodi e per il Lingotto di Walter Veltroni; per il rinnovamento incarnato da Matteo Renzi e per il progressismo europeista di Paolo Gentiloni.
La ricerca oggi del nuovo corso che serve all’Italia e di cui il Pd deve farsi strumento, deve indurre tutti noi a guardare in faccia a ciò che ci circonda, per capire come avanzare ancora una volta una proposta di riformismo profondo. Intercettando le energie vive della società, in particolare quelle di tante donne che oggi con intelligenza e audacia sfidano un ordine maschile in Italia più arcigno che altrove. E d’altronde anche negli Stati Uniti le speranze di battere Trump, tra due anni, sono legate alla forza e alle capacità della nuova grande onda femminile.
Abbiamo sostenuto Matteo Renzi e creduto nel suo sforzo d’innovazione politica. Abbiamo creduto che le vecchie culture di riferimento della sinistra italiana dovessero reinventarsi attraverso il liberalismo, per poter perseguire i propri storici ideali di libertà, solidarietà e giustizia. E non c’è dubbio che, soprattutto nella prima fase della sua leadership, Renzi abbia portato la sinistra italiana in una straordinaria sintonia con gli umori, i bisogni e le aspirazioni degli italiani.
Oggi quella sintonia è in gran parte perduta. Un po’ per la stagione populista che imperversa in Europa e avvelena linguaggi e contenuti della politica. Ma anche per gli errori che il Partito democratico e il suo gruppo dirigente hanno compiuto. Per ritrovare quella sintonia perduta abbiamo bisogno del coraggio, ancora una volta, di innovare.
E questo coraggio oggi lo riconosciamo nella candidatura a segretario del Partito Democratico di Nicola Zingaretti.
Nicola Zingaretti è stato negli ultimi dieci anni uno dei pochi uomini del governo locale capaci di vincere, convincere e rivincere.
Ha portato il #Lazio fuori dalla grande crisi economica, seconda regione italiana per produttività dietro soltanto alla #Lombardia. E l’ha fatto uscendo dal commissariamento della sanità regionale e aumentando le difese sociali. Il riformismo innovatore è negli obiettivi che ha conseguito. Perché il riformismo parla sempre con i fatti, mai con le parole.
E infatti Zingaretti è stato l’unico presidente in carica a rivincere le elezioni nella storia del Lazio. Ed è riuscito a farlo conquistando per il #centrosinistradecine di migliaia di voti di persone che, in elezioni svolte lo stesso giorno, hanno votato altri partiti. C’era già riuscito alla prima vittoria regionale. E anche alle elezioni provinciali del 2008, quando la città di #Roma fu conquistata dalla destra, ma tanti elettori che votarono a destra scelsero lui per guidare la provincia.
Zingaretti è l’unico dei candidati in corsa al congresso del Pd che ha dimostrato, dati alla mano, di essere inclusivo: di non aver deluso l’elettorato tradizionale di centrosinistra e di essere attrattivo verso gli elettori degli altri partiti.
Oggi la candidatura di Zingaretti è quella che può meglio innovare la cultura politica del Pd e aprire una fase nuova. Non si tratta di rinnegare alcunché del passato. Ma di riconoscere e capire gli errori fatti e di portare lo sforzo migliore dei governi Letta, Renzi e Gentiloni dentro la nuova stagione che dobbiamo aprire.
Ed è la candidatura che può salvare un Pd che è stato maltrattato negli ultimi anni dal suo gruppo dirigente. Più che gruppo, un insieme di dirigenti. Perché un gruppo è tale se lavora insieme, non se passa le giornate a pugnalarsi ai fianchi. Con Zingaretti, che viene da una lunga e positiva militanza di base, possiamo costruire un rapporto virtuoso nel Pd tra centro e territori. Senza il quale è impossibile salvare il Pd e ritrovare quella fiducia e quella speranza che in passato gli italiani ci hanno dimostrato.
Con le nostre idee, il nostro vissuto politico e personale, sosteniamo Nicola Zingaretti con l’obiettivo di rendere ancora più radicale la sua proposta riformista. Con lui vogliamo costruire una nuova e alternativa stagione della politica italiana che, contro estremismo e moderatismo, sappia vivere pienamente i tempi difficili che ci è dato vivere.”
Deputato del Partito democratico, eletta a Milano. Già segretario della Commissione Esteri della Camera nel corso della scorsa legislatura. Fa parte della presidenza di Libertà Eguale ed è ricercatrice presso l’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI). Insegna presso il corso di Politiche per lo sviluppo dell’Università di Pavia.
Ma non dice nulla di concreto!
Servono riforme sociali e popolari: qualche esempio?
Zingaretti è il più bravo: è un assioma? Di quale sistema?