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di Gianluigi Leto

 

Sono stati messi all’indice prima alcuni alti dirigenti del ministero della Economia e poi tutti i funzionari dello stesso ministero senza fare alcuna distinzione, se di nomina fiduciaria o di carriera. L’unico obiettivo del m5s è il reperimento dei 10 miliardi utili all’introduzione del reddito di cittadinanza. Quindi, si individuano possibili futuri capri espiatori, nel caso non si riesca, e si minacciano vendette.

Il caso Casalino

Tutto questo è prima pagina dei giornali da quando è stato pubblicato un audio di Rocco Casalino, portavoce del presidente del consiglio, in cui si dichiara che si passerà il 2019 a far fuori i tecnici del ministero delle finanze, se non salteranno fuori le risorse per il reddito di cittadinanza. Tria stesso è un tecnico ma viene salvato dalla “mega vendetta” di Casalino: i veri colpevoli – si dichiara – sono i dirigenti ed i funzionari del MEF; Tria viene descritto come un ostaggio incolpevole della macchina ministeriale.

È difficile smontare la vulgata ormai invalsa presso parecchi ambienti che sarebbe sempre colpa della burocrazia, ma vorrei provarci.

L’imparzialità dell’Amministrazione

Iniziamo dalla Carta costituzionale: la stabilità dei funzionari pubblici non deve essere considerata un privilegio, ma una garanzia che posta dall’art.97 a difesa della loro autonomia ed indipendenza – consente il rispetto dei principi di buona amministrazione ed imparzialità della Pubblica Amministrazione. La selezione tramite concorso è lo strumento previsto espressamente dall’articolo 97, per il buon andamento della P.A.

Si vuole la competenza e l’autonomia della macchina amministrativa: se la stessa costituzione lo prevede è perché competenza a autonomia sono una tutela per tutti i cittadini italiani.

Con termine desueto, si parla di servitori dello Stato, appunto, di tutti noi e non della politica: i burocrati mettono a disposizione la propria competenza, perché l’azione amministrativa resti nell’ambito della legittimità. La politica dia gli obiettivi, consapevole però che dovranno incanalarsi in procedure regolate per legge di cui i burocrati saranno i responsabili. Le risorse verranno di conseguenza.

L’azione del governo

Nella odierna vicenda, gli obiettivi del governo non sono stati però ancora definiti: è il ministro Tria a doverli condividere, con i suoi colleghi di governo, e quindi, a indicarli ai suoi funzionari. Qui, invece, il m5s parla direttamente al ministero, surclassando il ministro alla partita.

L’azione del governo è collegiale. Il presidente del consiglio è un primus inter pares. Dunque, non si comprende come possa non solo un portavoce ma lo stesso m5s giocare la partita, senza rispettare le prerogative di governo.

Ed anche in questo, la Carta costituzionale si esprime, chiarendo bene come funzioni il governo: il m5s, appoggiando Casalino, viola la costituzione che vuole la collegialità delle scelte governative.

Detto tutto questo, è vero che molti funzionari sono più fedeli ad appartenenze politiche che competenti anche se non credo proprio sia questo il caso… neppure Casalino parla di incompetenza; oltre tutto Casalino ha minacciato tutti i funzionari del MEF senza fare distinzioni, il che è davvero grave. Puoi individuare funzionari che non fanno il loro lavoro e censurarli o spostarli ad altro incarico, ma non puoi minacciare tutto un ministero.

Le riforme Bassanini

Tutta la vicenda non ha senso ma se vogliamo proprio individuare un fondamento alle continue lamentele sulla macchina amministrativa che alimentano l’assunto del m5s, diciamo pure che la svolta si ha con le riforme degli anni novanta che hanno voluto la distinzione tra politica e amministrazione. Giusta era la ripartizione tra le sfere di competenza, ma ha portato a gravi distorsioni e mal funzionamenti dell’apparato pubblico.

Visto che con le riforme Bassanini, la responsabilità ultima dei provvedimenti era stata posta a carico dei dirigenti senza essere più dei politici è successo che nelle selezioni e negli incarichi fiduciari, la classe politica ha cercato la fedeltà e non la competenza, per poter avere dirigenti che avrebbero firmato quegli atti che non potevano più sottoscrivere.

Ed in tutti questi anni la politica ha ritenuto di essere nel giusto nella scelta di funzionari fedeli: ogni opposizione alle proprie indicazioni era da condannare.

Ma è chiaro che se nel tempo costruisci una dirigenza fedele, questa sarà sempre fedele ai politici cui deve la propria carriera, con i cortocircuiti che possiamo immaginare. La regola dovrebbe, invece, essere quella della competenza e della autonomia della burocrazia dalla politica per servire meglio lo Stato.

Il capro espiatorio

Ma nella vicenda del MEF, tutto quel che abbiamo detto risulta inconferente: il m5s riesuma il solito chiacchiericcio sulla burocrazia che si mette di traverso, al solo fine di legittimare la propria denuncia e trovare un capro espiatorio. La verità è che il m5s non è in grado di recuperare le risorse. Non lo è, perché il m5s  non riesce a condividere i propri obiettivi in sede di governo. Non lo è, perché il m5s non ha le capacità tecniche per instaurare un confronto costruttivo con il livello ministeriale.

E quindi, si arriva alle minacce, l’arma dei deboli.

A noi ora tocca riconoscere la mistificazione in corso: qui, non c’entra né la fedeltà né la competenza dei burocrati del MEF. Se vogliamo parlare di riforma della pubblica amministrazione, non partiamo da questo episodio.

Non lasciamoci confondere: sono in gioco gli assetti del governo e dei ministeri come disegnati dalla Costituzione.

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