di Paolo Pombeni
Siamo prigionieri degli opposti populismi: da un lato quelli di una truculenta destra che sulla questione migranti antepone a tutto la pretesa di poter annullare il fenomeno; dal lato opposto quello di una sinistra affascinata dai vecchi slogan pseudo-umanitari che pensa che il problema non esista e sia solo questione di essere astrattamente solidali.
E’ il classico caso in cui mettersi in mezzo significa scegliere una posizione scomoda perché si prendono gli strali degli uni e degli altri. Ma c’è anche, in questo come in altri casi, il dovere di ragionare di fronte a problematiche enormi, evitando di lasciarle nelle mani degli irresponsabili estremisti dell’una e dell’altra parte.
Dovrebbe essere del tutto evidente che al fenomeno della grande immigrazione che dalle coste dell’Africa e da altri paesi si dirige verso l’Italia e l’Europa non si può rispondere semplicemente come se fosse questione solo di soccorrere un po’ di “bisognosi” per la quale basta applicare un normale tasso di “carità”. Le dimensioni dell’immigrazione sono tali da creare non semplici problemi di gestione, il suo spostamento è gestito da organizzazioni criminali, una dispersione territoriale dei flussi di migranti vuoi a livello italiano, vuoi ancor meglio a livello europeo non si riesce ad avere per un complesso di ragioni. Un contenimento ed una dissuasione di questi flussi è dunque necessaria, non fosse altro che per evitare l’ipocrisia di lavarsi la coscienza consentendo a persone in difficoltà di sbarcare da noi per poi abbandonarle di fatto al loro incerto destino (con il rischio evidente di spingerle alla disperazione e dunque di renderle disponibili ad ogni avventura, incluse quelle criminali).
Non si può però soprassedere sul fatto che il contenimento e la dissuasione devono trovare modo di esercitarsi in maniera da non risultare difficilmente accettabili per i nostri standard culturali di civiltà. Si tratta di fenomeni che hanno un forte impatto emotivo, incentivato da fattori oggettivi (si tratta spesso di minori, di donne, di persone che hanno sofferto sevizie), ma che vengono ingigantiti da narrazioni di chi fa “colore” su questi aspetti, non meno di quelli che lo fanno da versanti opposti.
Specialmente nella attuale delicata situazione del nostro paese sul fronte internazionale, bisognerebbe stare attenti al danno di immagine che viene da affermazioni spregiudicate sulla difesa dei nostri confini, chiusura dei porti e via dicendo. Certo poi a queste inopportune intemerate fanno da contraltare quelli che si lasciano andare a magnificare violazioni di legge presentate come disobbedienza civile degna dei manuali, o personaggi in cerca di nobili avventure quasi fossero messia di un mondo nuovo.
Su questioni tanto delicate la politica non si fa con l’avanspettacolo di destra o di sinistra a favore di media e di social. Stiamo maneggiando fenomeni che sono dinamite sociale: chiunque si avventuri su questi terreni dovrebbe esserne consapevole e comportarsi di conseguenza. Il vecchio Max Weber ricordava che esistono due tipi di etica a guida delle azioni umane: l’etica della convinzione, che antepone a tutto un dovere astratto di coerenza con grandi principi (che, ricordiamolo, possono anche essere falsa coscienza); e l’etica della responsabilità che commisura le proprie azioni con il bene o il male che possono fare alla società di cui si è parte. Imparare l’importanza della seconda sarebbe utile e opportuno.
(Pubblicato sul Quotidiano del Sud, 28 giugno 2019)
È professore emerito dell’Università di Bologna. È stato professore ordinario di Storia dei sistemi politici europei e di Storia dell’ordine internazionale presso la Scuola di Scienze Politiche dell’Università di Bologna. Attualmente dirige il periodico on line Mente Politica (www.mentepolitica.it) ed è editorialista de Il Sole 24Ore. È membro del consiglio editoriale della casa editrice il Mulino e del comitato di direzione della rivista Il Mulino.
Controcorrente? Semmai il contrario: un terzismo di comodo che francamente banalizza le opposte posizioni. Non tutte uguali nei rispettivi campi.
Davvero tutti estremisti irresponsabili alla stessa maniera?
Spesso c’è più verità nelle posizioni di chi “prende parte”