di Alberto De Bernardi
Evidentemente Zagrebelsky l’articolo su Repubblica l’ha scritto di malavoglia, altrimenti non si capiscono le tante incongruenze di cui è punteggiato.
Certo, si capisce che lo ha scritto sotto la pressione di chi ne criticava il silenzio di fronte alle politiche illiberali del governo giallo-verde. Però l’effetto degli gli argomenti utilizzati è straniante e poco convincente…
Ho taciuto – dice Z – perché oggi si parla più di fascismo che di costituzione e quindi i costituzionalisti non hanno niente da dire: infatti i costituzionalisti non entrano in campo quando bisognerebbe impedire che il fascismo si affermi – la “forza del fatto”, come dice lui -, lasciando questo compito a storici, politologi e alla… “gente comune”, ma solo dopo, per “normare il fatto compiuto”. Cioè mentre il fascismo si afferma il costituzionalista tace, quando ha vinto entra in scena per “costituzionalizzare” il nuovo regime.
Tesi ardita se si pensa agli anni venti e alla vicenda degli antifascisti tra le due guerre. Ma anche se pensiamo al 2016, quando, secondo Z, il fascismo era alle porte con la riforma costituzionale. In questo caso questo principio non valeva: parlava infatti in continuazione all’unisono con quelli che oggi rappresentano sotto altre spoglie lo stesso fascismo.
Una confusione intellettuale difficile da sostenere che si giustificherebbe solo se ammettesse di essersi sbagliato allora, aprendo un’autostrada davanti al populismo sovranista.
Ma questo è troppo. Meglio rifugiarsi in una eccentrica analisi del fascismo espressione di quel sostrato profondo “costante e radicato dell’animo umano e nelle pulsioni sociali”: un “qualcosa” che può assumere varie forme storiche, che per comodità chiamiamo fascismo.
Inerpicandosi in questa difficile operazione intellettuale sulla scorta del “fascismo eterno” di Umberto Eco, raggiunge una vetta fino ad ora inesplorata: il fascismo è una variante del “tribalismo” (ma chiunque conosca un po’ di antropologia culturale sa bene che tribù e stato moderno in tutte le sue varianti non c’entrano niente l’uno con l’altro). Quindi Salvini e di Maio vogliono abbandonare lo stato di diritto costituzionale per creare un regime tribale, come quello che sopravvive in piccole enclaves dell’Africa Nera. Un paragone ardito, che lascia senza parole e che ci fa precipitare alle origini della storia umana.
Ma che fare per opporci al tribalismo incipiente? Quello che si fa sempre: dissenso, solidarietà, e magari anche un po’ di resistenza civile: cioè quello che stanno già facendo decine di migliaia di persone – alcune riunitesi anche a Torino in piazza, tra le quali il nostro Z non c’era, però, forse impegnato anche lui a criticare le “madamine” insieme con Revelli, d’Orsi e Crozza.
Cioè tanto rumore per nulla: ora Z, pagato il suo pegno “antifascista”, può tornarsene a casa e continuare a stare zitto in attesa che la storia si compia.
Professore di Storia Contemporanea all’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna. Presidente della Fondazione PER – Progresso Europa Riforme. Componente del Comitato scientifico di Libertà Eguale. Tra i suoi libri più recenti: “Fascismo e antifascismo. Storia, memoria e culture politiche”, Donzelli Editore 2018, e “Il paese dei maccheroni. Storia sociale della pasta”, Donzelli Editore 2019