di Danilo Di Matteo
Un volumetto di dieci anni fa esatti di Salvatore Veca – Un’idea di laicità – getta un po’ di luce sul dramma mediorientale e globale attuale. La premessa del ragionamento: laicità non vuol dire relegare nella sfera privata le credenze religiose e le “dottrine comprensive”. Significa piuttosto che occorre un quadro condiviso di regole; una sorta di tessuto connettivo che permetta ai singoli e ai gruppi di coltivare le proprie convinzioni e utopie nel rispetto di quelle altrui. Coltivarle anche nello spazio pubblico. Con lo stesso spirito, si dovrebbe dialogare con le altre culture e con gli altri soggetti, individuali e collettivi, di questo mondo divenuto così piccolo. Ecco, tutto ciò tratteggia il quadro del pluralismo ragionevole.
Ma come porsi dinanzi a persone, comunità o posizioni portatrici di visioni irrispettoso di questo stesso pluralismo e foriere di violenza e atteggiamenti fanatici? Che fare, cioè, quando il pluralismo ragionevole non è? Beninteso: è doveroso isolare e contrastare senza tentennamenti chi sparge il terrore.
Non si può indulgere con chi minaccia i fondamenti della convivenza. Poi, però, occorre considerare che le “geografie” politiche, religiose e ideologiche sono spesso variabili, che i confini fra posizioni più estreme e altre più moderate possono essere porosi e mutevoli. Nelle faccende umane poche volte è tutto bianco o tutto nero; prevalgono di solito, a ben guardare, le sfumature. Sfumature, tra l’altro, che cambiano di continuo.
Raramente, ad esempio, i gruppi sono davvero compatti e monolitici. E dovremmo tenere a mente che la nostra democrazia si è basata, per decenni, su due partiti – la Dc e il Pci – che guardavano ai due blocchi opposti dell’equilibrio del terrore – la Nato e i Paesi d’oltre cortina – e che, a dispetto della Carta costituzionale, tendevano a delegittimarsi a vicenda.
Abbiamo addirittura conosciuto l’organizzazione Gladio, pronta a mobilitarsi in caso di vittoria del Pci, e, nell’immediato dopoguerra, una sorta di “Gladio rossa”, organizzazione clandestina paramilitare legata al Pci. Eppure proprio in quei decenni – gli anni Cinquanta e Sessanta – la nostra democrazia, pur imperfetta e incompiuta, si è consolidata.
E nel nuovo secolo il Pd è nato proprio dagli eredi di quelle due forze politiche, per paradossale che possa apparire. Ecco, confini porosi e mutevoli, geografie politico-culturali variabili e sfumate caratterizzano oggi l’agone globale. Dobbiamo ricordarlo, pur con l’imperativo sempre attuale di rigettare la violenza e il terrore.
Psichiatra e psicoterapeuta con la passione per la politica e la filosofia. Si iscrisse alla Fgci pensando che il Pci fosse già socialdemocratico, rimanendo poi sempre eretico e allineato. Collabora con diversi periodici. Ha scritto “L’esilio della parola”. Il tema del silenzio nel pensiero di André Neher (Mimesis 2020), Psicosi, libertà e pensiero (Manni 2021), Quale faro per la sinistra? La sinistra italiana tra XX e XXI secolo (Guida 2022) e la silloge poetica Nescio. Non so (Helicon 2024) È uno degli autori di Poesia e Filosofia. I domini contesi (a cura di Stefano Iori e Rosa Pierno, Gilgamesh 2021) e di Per un nuovo universalismo. L’apporto della religiosità alla cultura laica (a cura di Andrea Billau, Castelvecchi 2023).