“Si delinea un mondo totalmente multipolare e la gente si sta rendendo conto tardivamente che la multipolarità comporta un bel po’ di caos”, ha scritto sabato scorso il blogger americano Noah Smith ( https://www.noahpinion.blog/…/youre-not-going-to-like…).
L’ha spiegato benissimo, scrive Smith, Zheng Yongnian dell’Università cinese di Hong Kong: “Il vecchio ordine si sta rapidamente disintegrando e la politica degli uomini forti è di nuovo in ascesa tra le grandi potenze mondiali. I paesi traboccano di ambizione, come tigri che osservano la loro preda, ansiosi di individuare ogni spazio possibile tra le rovine del vecchio ordine”.
Appunto “come le tigri che osservano la loro preda” ribadisce Smith: “Il mondo inizia a trasformarsi in una giungla, dove i forti depredano i deboli e dove ogni paese ha l’esigenza conseguente di sviluppare la propria forza; se il tuo vicino è una tigre, probabilmente dovrai farti crescere degli artigli. I vecchi conti che hanno dovuto aspettare ora possono essere saldati. Ora è possibile riconquistare parti di territorio contese. Le risorse naturali ora possono essere sequestrate. Ci sono molte ragioni per cui i paesi combattono tra loro e ora uno dei motivi principali per ‘non’ combattere è stato rimosso (ciò non significa che prevedo un ritorno ai livelli di conflitto interstatale che prevalevano prima del 1945; la pace democratica, la pace capitalista, i bassi tassi di fertilità e altri fattori avranno presumibilmente ancora voce in capitolo. Ma ‘uno’ degli ostacoli principali è ormai scomparso)”. Insomma, il “poliziotto globale” non c’è più (ne parlo ovviamente anche nel mio libro: https://www.nuova-dimensione.it/…/nello-specchio…/).
“Negli ultimi vent’anni è diventato di moda deplorare l’egemonia americana, parlare in modo derisorio dell’‘eccezionalismo americano’, ridicolizzare la funzione di ‘polizia mondiale’ che l’America si è auto-assegnata e aspirare a un mondo multipolare. Bene, congratulazioni, ora quel mondo ce l’abbiamo. Vediamo se vi piace di più”, conclude Smith. Benvenuti nella giungla.
Sull’argomento sono tornati anche David Leonhardt sul New York Times e Giuliano Ferrara sul Foglio. “La Russia – scrive Leonhardt – ha dato inizio alla più grande guerra in Europa dalla seconda guerra mondiale. La Cina è diventata più bellicosa nei confronti di Taiwan. L’India ha abbracciato un nazionalismo virulento. Israele ha formato il governo più estremo della sua storia. E sabato mattina Hamas ha attaccato sfacciatamente Israele, lanciando migliaia di missili e rapendo e uccidendo pubblicamente i civili. Tutti questi sviluppi sono segnali che il mondo potrebbe essere caduto in un nuovo periodo di disordine. I paesi – e i gruppi politici come Hamas – sono disposti a correre grandi rischi, piuttosto che temere che le conseguenze siano troppo disastrose. La spiegazione più semplice è che il mondo è nel mezzo di una transizione verso un nuovo ordine che gli esperti descrivono con la parola multipolare. Gli Stati Uniti non sono più la potenza dominante di un tempo e non è emerso alcun sostituto. Di conseguenza, in molti luoghi i leader politici si sentono incoraggiati a far valere i propri interessi, ritenendo che i benefici di un’azione aggressiva possano superare i costi. Questi leader credono di avere più influenza sulla propria regione rispetto agli Stati Uniti” ( https://www.nytimes.com/…/briefing/hamas-israel-war.html).
Secondo Leonhardt, che si interroga anche sulle ragioni del ritiro americano, “alcuni cambiamenti sono inevitabili. I paesi dominanti non rimangono dominanti per sempre. Ma gli Stati Uniti hanno anche commesso errori strategici che stanno accelerando l’avvento di un mondo multipolare” e “forse il danno più grande al prestigio americano è arrivato da Donald Trump, che ha rifiutato l’idea stessa che gli Stati Uniti debbano guidare il mondo”, “si è ritirato dagli accordi internazionali e ha denigrato alleanze di successo come la Nato” e ora “ha dichiarato che, se riconquisterà la presidenza nel 2025, potrebbe abbandonare l’Ucraina”.
Certo, nonostante l’ascesa del multipolarismo, gli Stati Uniti rimangono il paese più potente del mondo, ma la Pax Americana è finita e perciò, scrive Smith, “finché e a meno che non venga forgiata una nuova coalizione globale dominante di stati-nazione – un ordine globale guidato dalla Cina o una sorta di egemonia democratica allargata che includa l’India e altri grandi paesi in via di sviluppo – dovremo reimparare a vivere nella giungla”.
Per ora guardiamo la giungla ricrescere in lontananza (ringraziando il cielo di essere qui e di non essere al loro posto), alle prese con le nostre perenni bagatelle, come ci ricorda la splendida vignetta di Marco Makkox Dambrosio dell’altro giorno. Ma proprio Mattarella ha spiegato in modo chiaro e inequivocabile ai pacifinti che nel nostro Paese vogliono spingere l’Italia a girarsi dall’altra parte e a ignorare quanto sta accadendo in Ucraina, che quella di mettere la testa sotto la sabbia non è mai stata una grande strategia. Qualche giorno fa, al vertice dei capi di Stato a Arraiols, in Portogallo, il Capo dello Stato ha spiegato che se l’Ucraina cadesse assisteremmo a una deriva di aggressioni ad altri paesi ai confini con la Russia e questo, come avvenne nel secolo scorso tra il 1938 e il 1939, condurrebbe a un conflitto generale e devastante (associando di fatto la Russia di Putin alla Germania di Hitler). Insomma, per Mattarella quanto stiamo facendo tutela anche la pace mondiale perché sostenendo (doverosamente) l’Ucraina, l’Unione europea scongiura anche il pericolo di un conflitto dai confini imprevedibili. Occhio, insomma, dopo il ’38 viene il ’39. Ci torna oggi anche Claudio Cerasa: “Chi vi ricordano gli ostaggi ebrei, con i bambini, portati via da Hamas? Una data: 1938”.
Già senatore del Partito democratico, membro della Commissione Esteri e della Commissione Politiche Ue, fa parte della presidenza di Libertàeguale. Parlamentare dal 2001 al 2018, è stato segretario regionale dei Ds del Friuli Venezia Giulia.
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