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di Luca Bergamaschi 

 

Se non affrontiamo la questione del movimento forzato delle persone partendo dalle sue cause profonde questo secolo segnerà il fallimento della convivenza pacifica come l’abbiamo conosciuta noi europei dalla fine delle seconda guerra mondiale ad oggi.

Tra le cause principali ci sono i conflitti, le violenze, le persecuzioni – come in Siria, Sud Sudan, Repubblica del Congo e Myanmar – e il cambiamento climatico. Quest’ultimo è e sarà l’elemento determinante della migrazione e della convivenza globale (leggete a questo proposito lo studio della Commissione Europea del 2015, ndr).

 

L’impatto climatico produce spostamenti forzati

Per il secondo hanno consecutivo gli impatti climatici hanno causato più spostamenti forzati che i conflitti. L’anno scorso 19 milioni di persone sono state costrette a spostarsi a causa di disastri naturali. I modelli climatologici ci dicono che senza un’accelerazione alla lotta al cambiamento climatico la maggior parte del Medio Oriente rischia di diventare inabitabile nel corso dei prossimi decenni.

Nel 2017 il surriscaldamento ha portato la temperatura media globale ad alzarsi di circa un grado rispetto ai livelli pre-industriali e sta aumentando di 0.2±0.1 gradi ogni decennio. Senza una radicale riduzione delle emissioni nei prossimi anni la regione del Mediterraneo e del Medio Oriente potrà vedere le proprie temperatura alzarsi oltre i 4 gradi nel 2050 e tra i 6 e 8 gradi al 2100. In estate queste temperature si traducono in picchi di oltre i 50 gradi.

 

Garantire lo sviluppo sostenibile

Oltre alla decarbonizzazione spinta occorrono molte più risorse finanziarie e misure per l’adattamento. Iniziamo utilizzando il Fondo fiduciario per l’Africa in questo modo. La combinazione di investimenti in energia pulita e nella resilienza dei sistemi idrici e alimentari nell’Africa Sub-Sahariana e in Nord Africa sono necessari a garantire lo sviluppo sostenibile di una larga fetta della popolazione (in crescita), sopratutto quella giovanile. In Iraq il controllo dell’acqua è oggi più vitale e strategico del controllo del petrolio.

Facciamone una priorità politica dell’Europa invece di concentrare tutto il dibattito solo su come reagiamo a chi è già in cammino.

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