di Alberto Bianchi
Nel corso del confronto-scontro tra le forze politiche italiane sul significato e la collocazione storica del Manifesto di Ventotene, nonché in relazione a quanto assistiamo in Europa e in Italia sul terreno geopolitico e strategico – voto del Parlamento di Strasburgo sul piano ReArm Eu, Consiglio europeo dei capi di Stato e di Governo, vertici della Coalizione dei Volenterosi – mi è capitato di fare riferimento diretto (Libertà Eguale del 24/03) allo scacchiere regionale del cosiddetto Mediterraneo allargato, ovverosia a quell’ampia area geo-storica nel cui ambito il nostro paese è principalmente, quantunque non esclusivamente, chiamato con urgenza a definire i propri interessi nazionali e ad assolvere le responsabilità ed i compiti che ad esso attengono.
Naturalmente, tutto questo comporta per l’Italia l’accoglienza e l’attuazione coerente di una doppia condizione preliminare: di forte presenza ed azione nel nucleo guida dell’Ue – Francia, Germania, Polonia e Spagna – sul terreno della costruzione della difesa comune europea, da un lato; e la disponibilità ad un ruolo attivo nel progetto della “Coalizione dei volenterosi”, dall’altro. In entrambe le direzioni, però, il governo italiano è colpevolmente deficitario, per usare un eufemismo.
D’altro canto, le forze di opposizione – ahimè – mostrano di non essere capaci di condurre un’azione politica efficace per richiamare l’esecutivo Meloni alle proprie responsabilità nazionali ed europee. A questo riguardo, mi chiedo se le forze di opposizione, che intendono presentarsi come un’alternativa di governo al centro-destra oggi al potere in Italia, abbiano ben chiaro quali siano i due piani distinti d’intervento nel teatro del mediterraneo allargato, sebbene strettamente interconnessi tra loro, ai quali la politica nazionale deve rispondere. Il primo piano è indubbiamente quello dell’area marittimo-terrestre del Mediterraneo considerata nella sua massima estensione strategica, rispetto alla quale le scelte italiane nei diversi teatri di crisi discendono necessariamente dall’interazione diretta con i nostri alleati dell’Ue e della Nato; il secondo piano è quello, invece, che attiene allo spazio marittimo dell’acque immediatamente attigue alle coste della nostra penisola, per il quale la scelta del tipo di ruolo strategico-tattico che dobbiamo svolgere è tutta nelle nostre mani.
È da qui, da questo secondo spazio a noi più prossimo, che deve partire da subito un chiaro segnale di svolta sui compiti, in parte inediti, che il nostro paese deve assumere in rapporto al più complessivo scenario del Mediterraneo allargato. La fase storica di instabilità dell’ordine mondiale, difatti, richiama l’Italia ad una particolare cura strategico-tattica degli interessi nazionali e della propria sicurezza militare centrati sul mare in cui la nostra penisola “naviga”, continuando naturalmente a rafforzare quelli che discendono dal lato di “terra” e montagne che ci congiungono al cuore dell’Europa.
Da tale quadro, discendono alcuni provvedimenti che spetta al potere politico prendere al più presto, tra i quali:
1) istituire per legge un vero e proprio centro di pianificazione e controllo strategico ed operativo nazionale di tutte forze armate e di polizia che operano nel mare;
2) definire legislativamente le Zone economiche esclusive (Zee), per la delimitazione, fino a 200 miglia complessive, delle aree marine adiacenti le acque territoriali, considerando che tutti gli altri paesi del Mediterraneo che si affacciano al mare già lo hanno fatto;
3) aumentare le spese d’investimento per le forze armate, con priorità di destinazione delle risorse alla Marina militare;
4) definire risorse e modalità operative di vigilanza e presidio, da parte dell’Italia, dei cosiddetti colli di bottiglia o stretti marittimi di interesse nazionale, Nato ed Ue, nel Mediterraneo meridionale: stretto d’Otranto e canale di Sicilia.
Le forze politiche di maggioranza e quelle di un’opposizione credibile e di una sinistra di governo sono chiamate ad intraprendere con coraggio e determinazione una tale rotta.
Sessantacinquenne, romano, studi classici, lavora presso Direzione Trenitalia spa, gruppo Fs italiane. Sin da giovane, militante della sinistra: prima nelle fila della Federazione Italiana Giovanile Comunista (FIGC), poi nel PCI (componente migliorista), fino allo scioglimento del partito. Successivamente ha aderito al PDS, poi DS. Attualmente è socio ordinario di Libertà Eguale.