di Alberto Colombelli
Nella retorica “governista” gialloverde di questo nostro tempo trova sempre più spazio l’individuazione di un nemico numero uno, come nella migliore tradizione di un’ormai ampiamente nota cultura che trova proprio in questo uno dei suoi più efficaci strumenti di generazione di consenso.
Il “nemico pubblico numero uno”
Questo nuovo “nemico pubblico numero uno”, proprio così come era indicato quale titolo di testa a nove colonne in una recente prima pagina di un quotidiano nazionale, è sempre più identificato non a caso nel Presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron, di cui viene ripetutamente denunciata una presunta profonda incoerenza tra la visione europeista con cui si è proposto e la politica di stretto rigore che caratterizza l’attuale politica francese di gestione delle proprie frontiere e dei flussi migratori.
Una denuncia tanto ricorrente e così poco (o perlomeno così timidamente) controbattuta che trova occasioni di evidente seguito alle nostre latitudini anche nello stesso campo europeista, rischiando di condizionare a casa nostra in particolare lo sviluppo a pieno potenziale dell’importante progetto in corso di costruzione di una nuova alleanza per il progresso e per l’Europa tra tutti i progressisti, europeisti e riformisti dell’Unione europea, principale e fondamentale prospettiva aperta nella realizzazione di una proposta radicalmente alternativa ai populismi e ai sovranismi in difesa dello stato di diritto e della democrazia liberale, prioritaria questione del nostro tempo.
Una retorica quella descritta da cui invece desidero fermamente contribuire ad uscire ed a cui sento la responsabilità di dover replicare, come sto facendo in ogni occasione, cercando di offrire una diversa visione per me particolarmente importante perché nasce da una mia diretta esperienza personale di vita che non è legata al momento ma che arriva da lontano e mi ha segnato profondamente accompagnando ogni mio giorno.
L’esperienza in Francia
Ho vissuto e lavorato a Parigi nell’autunno 1995, mesi in cui la Francia già fu vittima di atroci attentati terroristici di matrice islamica sulla RER, la rete ferroviaria regionale dell’area metropolitana. Ho ancora negli occhi le immagini in diretta, trasmesse dai canali televisivi francesi la mattina del 6 ottobre 1995, delle persone insanguinate che uscivano dalla metropolitana di Parigi che mi stavo apprestando a raggiungere, ferite dall’esplosione di una bottiglia di gas nella stazione di Maison Blanche.
Così come ben ricordo la mattina del 17 ottobre 1995, quando una bombola di gas è esplosa tra il Musée d’Orsay e le stazioni Saint-Michel-Notre-Dame della RER Linea C non lontano dai luoghi in cui esattamente in quel momento mi stavo recando. Attentati, rispettivamente con 12 e con 29 feriti, che seguivano di pochi mesi precedenti ancor più gravi. Tra tutti quello del 25 luglio 1995 quando una bombola di gas esplose nella stazione Saint-Michel della linea B della RER provocando 8 morti e 117 feriti. Ho così vissuto direttamente il clima che si era creato nella capitale nei mesi successivi e ben ne conosco le sensazioni che lasciano, nel profondo, per sempre. Esercito armato nelle strade, bidoni sigillati, perquisizioni continue all’ingresso di ogni locale, ci si guardava con aria sospetta continuamente.
La Francia è diversa dall’Italia non dall’arrivo di Macron, anzi.
In quel periodo ho vissuto anche lo sciopero degli cheminots della CGT. Quando c’era sciopero nemmeno questi signori di “assoluta” sinistra concedevano nulla a nessuno. Treni bloccati, se qualche convoglio partiva lo fermavano in piena campagna e tutti giù costretti a tornare a piedi in città, strade bloccate e non passava nessuno, c’era gente che moriva in ambulanza.
Gli attacchi terroristici al cuore dell’Europa
I nuovi attacchi terroristici che ha vissuto negli ultimi anni uniti alla incapacità di dare una concreta condivisa attuazione in Europa alle proposte anche da essa stessa arrivate, se non addirittura da lei partite, di ripartizione in quote tra i paesi Ue dei rifugiati porta la Francia ad assumere posizioni molto dure che generano situazioni che umanamente anch’io soffro nel vedere prodursi e posso non condividere come scelta politica d’insieme ma che non devono per questo limitare la mia e la nostra analisi.
Non si può infatti non ricordare che dal 2015 a oggi il Paese ha subito nuovi undici attentati, la maggior parte dei quali rivendicati dall’Isis il cui bilancio totale è di oltre 245 morti. Una scia di sangue che parte dal gennaio di tre anni fa con la strage nella sede di Charlie Hebdo, passa per gli attentati più gravi della storia della Francia con i 130 morti al Bataclan e in bar e ristoranti di Parigi, il 13 novembre 2015, e per il camion che a Nizza investe e uccide 86 persone. Fino ad arrivare all’ultimo episodio di paura a Trèbes.
Tutti attacchi all’Europa, nel cuore e al cuore dell’Europa. Che, seppur respinti con la più forte determinazione e la più assoluta volontà di non attribuirgli un valore che possa condizionare le nostre vite, necessariamente, e lo dico per esperienza di vita drammaticamente vissuta, lasciano invece un segno indelebile in chi li vive e li sente necessariamente come una potenziale ripetibile minaccia contro cui ergere ogni più opportuna difesa e protezione senza mai lasciare nulla d’intentato a tutela dei propri cittadini già troppe volte indifese vittime di tanta violenza.
Macron contro Le Pen: un baluardo europeista
Stiamo attenti pertanto a non cadere, almeno noi, nel tranello di individuare come nemico dell’Europa chi proprio non lo è. Come sicuramente non lo è Emmanuel Macron, anzi.
Qui la posta in gioco stavolta è davvero altissima. Sono addirittura in gioco le democrazie liberali e lo stato di diritto, la cui violazione compete con tutta evidenza a ben altri responsabili, e chi ha vere proposte europeiste proprio oggi si trova isolato nelle sedi europee per un’assenza di partner in grado di fronteggiare posizioni antagoniste che spinge verso azioni di propria diretta difesa che diversamente potrebbero sicuramente trovare alternative.
Non ci fosse stata la sua capacità di contrastare con pieno successo il Front National nel maggio 2017 già staremo parlando di un’Europa senza più alcun baluardo europeista. Ricordiamocelo sempre. Così piuttosto che cadere in una facile e semplicistica retorica che nulla produce e tutto distrugge evitiamo alibi e invece organizziamoci, dimostrando innanzitutto con piena maturità a noi stessi di saper fare la nostra parte da protagonisti.
Adesso, insieme, spezzando un’egemonia culturale che sembra ormai in questi giorni divenuta imperante, che non ci appartiene e che è stata costruita sulla assoluta negazione di tutti i nostri valori.
Smascherare i veri nemici dell’Italia e dell’Europa
Così facciamo davvero la nostra parte e facciamola da protagonisti contribuendo, grazie alla spinta che ancor oggi proprio la Francia ci offre, a smascherare anche le incoerenze assolute del PPE (che ormai va da Juncker alla Merkel a Berlusconi fino a Orban) facendolo implodere, lavorando fin da subito per formulare delle proposte fondate su nostri valori che possano divenire attrattive per singole componenti di gruppi che non hanno coerenza al loro interno, ridefinendo i perimetri politici delle alleanze a livello europeo.
E soprattutto, perché più funzionale e diretta all’obiettivo, innanzitutto smascheriamo senza esitazioni come i veri nemici dell’Europa siano i veri nemici dell’Italia, che sono proprio coloro che oggi la governano e che si alleano sempre e solo in Europa con chi porta interessi decisamente opposti a quelli nostri nazionali, dai Paesi di Visegrád all’Austria di Kurz fino alla Russia di Putin e al suo evidente interesse di destabilizzare nel suo profondo (e fino in fondo) l’Unione europea.
Prima ci mettiamo in cammino insieme in questo stato di vera emergenza democratica, prima troveremo le soluzioni che lungo il percorso condivideremo generando ispirazione e reale cambiamento.
Ne va del nostro futuro di progresso e di pace, in Italia e in Europa.
Consulente d’impresa, esperto in Corporate Banking. Già delegato dell’Assemblea Nazionale del Partito Democratico, è attivo nell’Associazione europeista Freedem e nell’Associazione InNova Bergamo. Ha contribuito al progetto transnazionale di candidatura UNESCO delle ‘Opere di difesa veneziane tra il XV e il XVII secolo’. Diplomato ISPI in Affari europei. Componente del Comitato scientifico di Libertà Eguale. E’ impegnato nella costruzione di una proposta di alleanza tra tutti gli europeisti riformatori.