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di Natale Forlani

 

Gli attuali schieramenti politici accompagnano il declino della nazione. È  necessaria l’ apertura di una nuova fase politica basata su una reciproca legittimazione tra Lega e Partito Democratico

Perché meravigliarsi di quanto sta accadendo nella compagine di Governo? Era già tutto scritto sin dalla sua origine. La coalizione giallorossa è stata il frutto di una combinazione paradossale: l’interesse del gruppo renziano in gestazione di evitare le elezioni anticipate e la messa in campo di una ipotesi neo bipolarista di una alleanza strategica tra il PD e il M5S, fondata sulla condivisione delle peggiori demagogie professate nell’ultimo ventennio della sinistra.

In poche parole il capolavoro di Renzi è stato quello di costruire le basi della deriva a sinistra di una coalizione di matrice anti renziana. Ma la cosa peggiore è stata l’assoluta continuità delle politiche con il precedente governo rappresentata non solo dalla prosecuzione dei provvedimenti simbolo del governo gialloverde – quota 100 e reddito di cittadinanza – ma dell’intera politica economica.

In tempi non sospetti sottolineavamo che l’ennesima riproposizione della  flessibilità sul deficit, come condizione per assicurare la crescita economica, avrebbe prodotto l’ ennesima cambiale da onorare sul debito e l’esaurimento delle risorse per gli investimenti.

Persino la riduzione del cuneo fiscale è drammaticamente simile al provvedimento della Fiat Tax per i lavoratori dipendenti con redditi medio bassi che gli esponenti della Lega stavano preparando.

Lasciate stare i contorni coreografici: il fascismo, l’antifascismo, i complotti nazionali e internazionali, le ridicole polemiche sugli immigrati buoni o cattivi, e la creazione dei nuovi partigiani.Tutte boiate che confermano quanto sia accentuata la lontananza dai problemi reali che sono quelli evidenziati nei bollettini dell’Istat in materia di declino demografico, il crollo degli investimenti e della produttività, il sottoutilizzo drammatico delle risorse umane nel mercato del lavoro dovuto alla deriva del sistema educativo e formativo e al mancato ricambio generazionale e imprenditoriale.

Queste cose le attuali classi dirigenti politiche non le sanno nemmeno leggere. Al contrario assecondano la deriva parassitaria e assistenzialista che ha assunto livelli senza precedenti, con interventi rivolti a pensionare anticipatamente le persone, sussidiare le persone che non lavorano, mantenere in vita imprese inefficienti, distribuire bonus a chi non dichiara le tasse.

Un autentico delirio che ha devastato la dinamica della domanda e dell’offerta politica.

Come uscirne? Con una presa d’atto che gli schieramenti politici attuali non sono in grado di produrre un cambiamento in modo autosufficiente, che è  necessaria l’apertura di una nuova fase di ricostruzione della classe dirigente basata sulla mobilitazione dei ceti produttivi, sulla ristrutturazione del debito pubblico che liberi risorse per il sostegno degli investimenti pubblici e privati,  un programma di inserimento lavorativo e di alternanza scuola lavoro che coinvolga almeno 2 milioni di giovani. Che metta al centro delle politiche sociali la ripresa della natalità e il lavoro di cura.

Questa fase può avere un uomo simbolo come riferimento: Mario Draghi, l’unica persona in grado di assicurare credibilità internazionale e di mobilitare la formazione di una nuova classe dirigente. Un passaggio difficile, e sostanzialmente condizionato alla capacità  della Lega e del Partito democratico di riconoscere le insufficienze e di legittimarsi reciprocamente. Per questo, con grande probabilità, un passaggio del genere non avverrà  in modo spontaneo ma come conseguenza di onerosi fallimenti politici.

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1 Commenti

  1. Nicolò graffagnini domenica 16 Febbraio 2020

    Un nuovo governo monti due con Draghi capo del. Governo di responsabilità nazionale? Un altra operazione di incontro di due poli opposti ed alter nativi? Nico

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