di Giorgio Tonini
La decisione, condivisa pressoché all’unanimità dall’assemblea nazionale, di affidare a Enrico Letta la missione di rilanciare il Pd è una prova dì vitalità del partito e un messaggio di speranza per il paese.
Letta ha riaffermato la natura del Pd: progressista nei contenuti, riformista nei metodi, radicale nei comportamenti.
Ha schierato con nettezza il Pd a sostegno dell’Agenda Draghi, nella quale riconosce i suoi fondamentali tratti identitari, a cominciare dall’europeismo democratico e riformista.
La scelta di Letta conferma la vocazione maggioritaria del Pd, che non è mai stata pretesa di autosufficienza o negazione del valore delle coalizioni, ma rifiuto della divisione del lavoro tra sinistra e centro.
È anche una riaffermazione della coincidenza di leadership e premiership: Letta è un leader che, se sarà premiato dagli elettori, potrà aspirare credibilmente alla guida del Paese nel dopo-Draghi.
Ma il segnale forse più importante che il Pd ha trasmesso con l’elezione di Letta è che ha avuto ragione chi, persa una battaglia interna al partito, non ha pilotato scissioni, ma ha condotto la sua battaglia dall’interno, anche attraversando il deserto della solitudine, della riflessione, della maturazione.
Una lezione umana, ma anche un messaggio politico, forte e chiaro: il Pd non intende rinunciare alla sua funzione di casa comune dei riformisti. E intende usare le porte delle sue sedi per fare entrare energie nuove e non per accompagnare uscite e abbandoni.
Consigliere provinciale a Trento e presidente del gruppo del Partito Democratico del Trentino. Componente della Presidenza di Libertà Eguale.
Senatore dal 2001 al 2018, è stato vicepresidente del gruppo del Partito democratico in Senato, presidente della Commissione Bilancio e membro della segreteria nazionale del Pd.
E’ stato presidente nazionale della Fuci, sindacalista della Cisl, coordinatore politico dei Cristiano sociali e dirigente dei Democratici di Sinistra.
Tra gli estensori del “Manifesto per il Pd”, durante la segreteria di Walter Veltroni è stato responsabile economico e poi della formazione del partito.