di Danilo Paolini
A vent’anni dalla morte, il libro «Controvento» di Fabio Martini
Diverso. Bettino Craxi, del quale ricorre il ventesimo anniversario della morte tra vecchie polemiche e nuove rivalutazioni, era soprattutto diverso: politicamente, antropologicamente, culturalmente, perfino fisicamente. Diverso dai suoi avversari e dai suoi stessi compagni di partito. Talmente diverso che nel luglio 1978, due anni dopo la sua elezione a segretario del Psi, la segreteria del Partito comunista, in un appunto riservato, lo ricopre dei peggiori insulti (umani e politici) e gli rivolge un’accusa rivelatrice: «Esasperato autonomismo programmatico». L’aneddoto è tratto da Controvento. La vera storia di Bettino Craxi (Rubbettino, pagg.202, 15 euro), volume scritto da Fabio Martini, inviato politico della ‘Stampa’ e giornalista parlamentare di lungo corso. Tra le tante iniziative per ricordare il segretario e presidente del Consiglio socialista (da segnalare il ricco numero di ‘Mondoperaio’ appena uscito), il merito di Martini è quello di sottrarre la pur controversa figura di Craxi all’ingenerosa caricatura che ne è stata fatta per anni. Senza indulgenze ma, anche, senza superficialità o acrimonia.
Negli anni 50 un viaggio a Praga apre gli occhi del ventenne Bettino sulla reale natura del comunismo. Comincia così per lui «una giovinezza in minoranza», annota l’autore, nel suo partito e fuori. Il suo pensiero libertario, per un socialismo non marxista, la sua naturale attrazione per gli «irregolari», non raccoglie grandi consensi. A via delle Botteghe Oscure, sede del Pci, è detestato. Lo sa bene e non se ne duole. E poi è burbero, scorbutico, non pochi dicono «arrogante ». Alto, imponente, diretto nel linguaggio, incute soggezione. A metà anni 60, quando politicamente è ancora nessuno, l’allora segretario socialista De Martino già lo definisce «uno sfasciacarrozze ». Anzi, peggio. È in minoranza perfino quando, con un’abile operazione di strategia politica, riesce a diventare segretario del partito: è considerato «un segretario debole», controllabile e, all’occorrenza, facilmente disarcionabile. Previsione sbagliata. Ad affondarlo saranno, come si sa, solo le inchieste e i processi di Mani Pulite. Martini dedica un capitolo all’«assillo dei soldi» che affliggeva Craxi. Ma dei «soldi per fare politica», non per arricchirsi (anzi, per «le cose da ricchi» aveva, emerge dal libro, una sorta di repulsione). Soldi raccolti, come si sa, anche in violazione della legge sul finanziamento ai partiti.
Tra l’ascesa trionfale del Midas, gli anni ruggenti a Palazzo Chigi e il declino malinconico da esule-latitante ad Hammamet, Martini racconta con rigore e ricchezza di particolari una storia importante: il vano tentativo di salvare la vita ad Aldo Moro, con Craxi in lacrime quando riceve la lettera dello statista democristiano dalla prigione brigatista; il duello (vinto) con Berlinguer sulla Scala mobile; la revisione del Concordato con la Santa Sede; le relazioni internazionali; l’amicizia con Silvio Berlusconi. Non solo la storia di un leader, delle sue intuizioni e dei suoi errori, ma anche di un mondo e di una politica che non ci sono più.
Danilo Paolini è caporedattore, responsabile della Redazione romana ed editorialista di Avvenire.