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Da Carter a Harris, un approccio riflessivo alla politica

Danilo Di Matteo giovedì 8 Agosto 2024
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di Danilo Di Matteo

La dichiarazione del vecchio presidente Usa Jimmy Carter sulla volontà di arrivare a compiere i cento anni per poter votare Kamala Harris è stata letta soprattutto in chiave affettiva ed emotiva. A parer mio, però, si tratta di un eloquente passaggio del testimone, per vari motivi.

Ero un bambino, ma ricordo quel volto che trasmetteva, insieme, un senso di fiducia e fragilità. E mi dicevano che quell’uomo “a 5 anni aveva venduto noccioline”. Proprio così seppi del cosiddetto sogno americano. Dai telegiornali apprendevo che l’Unione sovietica di Brežnev non ne auspicava affatto la rielezione, preferendogli Ronald Reagan. E la stessa sinistra europea sembrava tiepida, al riguardo. Pesava, più in generale, la vicenda degli ostaggi americani a Teheran (era il 1979). E proprio Carter, per uno di quei paradossi, almeno apparenti, del destino e della storia, avviò, in particolare nel campo dei voli aerei, quella deregulation che sarebbe divenuta una delle cifre della “rivoluzione conservatrice” anglo-americana degli anni Ottanta.

Più tardi appresi del suo approccio molto, forse troppo riflessivo alla politica: lunghe, interminabili ore di consultazione con i consiglieri e gli esperti, di giorno e di notte, ad esempio, caratterizzarono le fasi più delicate della sua permanenza alla Casa Bianca. Un presidente indeciso e dubbioso, dunque, almeno agli occhi di alcuni; i quali aggiungevano che, al contrario, l’azione e la decisione rappresentano l’essenza della politica.

Un presidente poco capito, forse, ma, in seguito, sempre più apprezzato, a iniziare dall’impegno con il Carter Center.

Ecco una delle lezioni che egli lascia in eredità all’asinello di oggi e, in definitiva, a tutti i democratici: occorre coniugare riflessione e azione. Temporeggiare, tentennare, in un mondo che corre, letteralmente, alla velocità della luce, possono corrispondere alla sconfitta e al fallimento. Al tempo stesso, l’impulsività, l’incapacità di ponderare, l’irrazionalità rischiano di avere come esito il disastro, la guerra civile o, addirittura, la fine della presenza umana sul globo. La sfida di Kamala Harris è ardua e, al tempo stesso, dirimente: ha una portata che trascende i fisiologici avvicendamenti nei palazzi del potere. Si tratta di una delle principali “questioni esistenziali” dell’Occidente e dell’umanità di oggi. E il vecchio Carter lo sa.

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