di Umberto Minopoli
Forse il massimalismo è uscito, per sempre, dalla politica per il clima.
Rispetto alle precedenti e alla stessa Cop di Parigi del 2015, Glasgow (che segue il G20) contiene novità significative. Tutte vanno nella direzione del pragmatismo, del realismo e della multilateralità. E del rispetto dei problemi di chi sta più indietro e del tema chiave della decarbonizzazione: realizzarla senza bloccare la crescita e lo sviluppo.
È scomparsa la data imperativa del 2050 per la Net zero. Ma, nel contempo, tutti i grandi emettitori si sono impegnati a presentare piani per realizzarla “entro la metà del secolo”. È un passo avanti. Come lo è quello di destinare risorse crescenti all’adattamento (opere e infrastrutture dove ci sono minacce del meteo estremo) e non più solo alla mitigazione (emissioni).
Le intese bilaterali (decisiva quella Usa-Cina) hanno sostituito quella degli unanimismi declaratori. Più che la data finale del net zero conta il percorso verso di essa: cosa fare concretamente nei prossimi dieci anni, per ridurre le emissioni.
Messa così, l’opera appare meno proibitiva di quel che sembra: chiusura del carbone, riforestazioni, uso del nucleare che “evita” tanta CO2, risorse ai più svantaggiati per trasformare il loro mix energetico, ma anche per adattarsi ai cambi climatici, uso delle tecnologie per catturare la CO2, darsi una finanza comune per aiutare a transitare a una energia con minori emissioni.
Dal catastrofismo al pragmatismo. Se Dio vuole questo può essere il successo della Cop26. Con buona pace delle lamentazioni nichiliste sul fallimento dei potenti e la marcia dell’Apocalisse.
Presidente dell’Associazione Italiana Nucleare. Ha lavorato nel Gruppo Finmeccanica e in Ansaldo nucleare. Capo della Segreteria Tecnica del Ministro delle Attività Produttive tra il 1996 e il 1999. Capo della Segreteria Tecnica del Ministro dei Trasporti dal 1999 al 2001. Consigliere del Ministro dello Sviluppo Economico per le politiche industriali tra il 2006 e il 2009.