di Vittorio Ferla
Qualche giorno fa, annunciando il vertice dei capi di governo della Unione Europea in corso di svolgimento a Versailles, Emmanuel Macron non ha risparmiato l’enfasi: “per la nostra libertà e quella dei nostri figli, risponderemo con decisioni storiche”. Il presidente francese non è nuovo al linguaggio magniloquente, ma questa volta la sensazione è che assisteremo davvero a trasformazioni travolgenti.
D’altronde, la bozza della nota finale del vertice che già circola informalmente tra i media europei ricorda che l’aggressione della Russia “costituisce un cambiamento tettonico nella storia europea”. Non è un caso, dunque, che Macron abbia scelto per questa riunione nientemeno che la reggia del Re Sole alle porte di Parigi, ancora scottato dall’umiliante e inutile appuntamento al tavolone di Vladimir Putin che anticipò l’aggressione all’Ucraina.
Difesa e sicurezza
1- La nota conferma che i capi di governo si assumeranno “maggiori responsabilità per la sicurezza” e compiranno “ulteriori passi decisivi verso la costruzione della sovranità europea”. Per farlo dovranno aumentare esponenzialmente sia gli “investimenti in capacità di difesa e tecnologie innovative” sia “le spese per la difesa”, mentre continuerà l’impegno a fornire armamenti all’Ucraina.
Il tema della difesa è oggetto di antiche quanto inconcludenti riflessioni da parte dei paesi europei. È evidente che il trauma provocato dall’imprevedibile attacco di Mosca darà una forte accelerazione al processo.
“L’Unione europea solitamente non è nota per essere un’organizzazione particolarmente agile. Ma in termini di sicurezza, nelle ultime due settimane siamo cambiati di più che nei trent’anni precedenti”, ha dichiarato proprio ieri a Strasburgo la premier estone, Kaja Kallas, nel suo intervento in plenaria al Parlamento europeo. Bisogna ricordare che proprio l’Estonia, piccolo paese sul Mar Baltico, è trai più spaventati dal risveglio dell’orso russo.
La bozza preparata in vista di Versailles indica diversi obiettivi. Tra gli altri, gli incentivi per stimolare gli investimenti collaborativi degli Stati membri in progetti e appalti congiunti, la promozione di sinergie tra ricerca e innovazione civile, della difesa e spaziale e le iniziative per proteggersi da una guerra ibrida e per combattere la disinformazione.
Proprio su questo ultimo punto, intanto, l’aula di Strasburgo ha approvato una serie di raccomandazioni e sanzioni per combattere la disinformazione e l’interferenza di paesi stranieri nei processi democratici. Il testo, frutto di 18 mesi di lavori della commissione speciale sulle Interferenze estere (Inge), ha lo scopo di difendere le istituzioni europee e i paesi membri dalla minaccia dei regimi autocratici stranieri, in particolare la Russia e la Cina. Il Parlamento europeo accusa in particolare la Russia di Putin di manipolare le informazioni e di cercare contatti con partiti, figure e movimenti europei per “legittimare le posizioni russe, per esercitare pressioni al fine di alleggerire le sanzioni e per mitigare le conseguenze dell’isolamento internazionale”. Tra i partiti sotto osservazione ci sono il Freiheitliche Partei Osterreichs austriaco, il Rassemblement National guidato da Marine Le Pen e la Lega Nord di Matteo Salvini. Tutti e tre “hanno firmato accordi di cooperazione con il partito Russia Unita del presidente russo Vladimir Putin e ora devono affrontare le accuse dei media di essere disposti ad accettare finanziamenti politici dalla Russia”.
Unione dell’energia
2- L’altra sfida cruciale è quella dell’energia. I leader europei si preparano a eliminare gradualmente la dipendenza dalle importazioni russe di gas, petrolio e carbone accelerando la transizione dai combustibili fossili, diversificando l’approvvigionamento energetico attraverso spedizioni di gas naturale liquefatto, biogas e idrogeno e migliorando l’efficienza energetica e le forniture di stoccaggio.
Il nodo centrale del vertice europeo è stato anticipato al Parlamento europeo da Josep Borrell. “La prima cosa che dobbiamo fare è tagliare questo cordone ombelicale che unisce la nostra economia all’economia russa e tagliare le riserve che possono finanziare la guerra. E questo possiamo farlo a livello macropolitico, come ha fatto la Commissione europea con la nuova direttiva che punta a ridurre la dipendenza dal gas russo di due terzi nell’anno. Un obiettivo difficile ma realizzabile se davvero ci impegneremo”, ha detto l’Alto rappresentante per la politica estera Ue nell’aula di Strasburgo. Che poi ha lanciato un appello a ridurre i riscaldamenti delle case, con un sacrificio pari a quello già assunto dagli europei per combattere la pandemia.
Sul punto, il vertice di Versailles si prospetta molto agitato. Il primo ministro olandese Mark Rutte, già in Francia da ieri per un incontro con Macron, ha già chiarito che si opporrà all’embargo totale degli idrocarburi dalla Russia. “Dobbiamo discutere le nostre vulnerabilità in termini di dipendenza dal petrolio e dal gas russi. Io non sosterrò un taglio delle nostre forniture oggi dalla Russia”, ha detto. Per Rutte il fatto che l’Europa abbia bisogno del gas russo è una “spiacevole verità”. Con la stessa fermezza si era espresso nei giorni scorsi anche il cancelliere tedesco Olaf Scholz. Il problema è che fin quando proseguirà l’approvvigionamento di gas e petrolio russo, Mosca continuerà a godere delle risorse necessarie per finanziare le sue guerre in giro per l’Europa.
Eurobond
3- Il terzo punto all’ordine del giorno del vertice di Versailles sarà poi la crisi economica aggravata dalla guerra e la domanda sul finanziamento delle nuove misure che l’Unione è chiamata ad adottare. I commissari Valdis Dombrovskis e Paolo Gentiloni, intervenendo all’Europarlamento, hanno spiegato che la guerra in Ucraina porterà un aumento dell’inflazione, una maggiore pressione sui prezzi dell’energia e dei prodotti alimentari e una volatilità del mercato. Di conseguenza la crescita sarà certamente inferiore al 4% inizialmente previsto per quest’anno. In più, l’evolversi degli eventi impone una decisione rapida sul futuro del Patto di stabilità. Da tempo si discute infatti dell’allentamento delle regole fiscali europee.
Il Next Generation Eu è stato un colossale impegno di spesa pubblica compiuto da Bruxelles al fine di aiutare i paesi più colpiti dalla pandemia. Oggi però lo shock della guerra in Ucraina apre due nuovi fronti – la difesa e l’energia comuni – che richiederanno a loro volta nuovi investimenti e oneri per le casse comuni. Alcuni paesi – come l’Italia – hanno già chiesto compensazioni per i sacrifici legati alla rinuncia alle fonti di energia russe. E molti tornano a parlare di eurobond. All’interno dei Ventisette si è riaperto un confronto sull’istituzione di un nuovo fondo comune di investimento in grado di assorbire lo shock della guerra. Una prospettiva che vede forti resistenze da parte dei paesi ‘frugali’.
Tra i più ostili a questa ipotesi è, ancora una volta, Mark Rutte. Il primo ministro olandese ha dichiarato che, in caso di nuovo debito comune, il suo paese dovrebbe di nuovo aprire i cordoni della borsa a favore degli altri paesi europei: meglio pertanto utilizzare le risorse già disponibili nell’ambito del Recovery Fund. Sulla stessa linea c’è il ministro delle finanze tedesco Christian Lindner. “C’è uno sforzo europeo congiunto per continuare a sostenere l’Ucraina. Ma ciò è indipendente da un dibattito sugli strumenti di finanziamento. La responsabilità congiunta in Europa attraverso l’emissione di obbligazioni congiunte non è all’ordine del giorno”, ha chiarito Lindner. Ma il dibattito con Francia e Italia, senz’altro favorevoli all’aumento della spesa pubblica europea, resta aperto.
Allargamento a Est
4- Last but not least, a Versailles si discuterà pure dei nuovi assetti strategici. C’è la pressante richiesta dell’Ucraina di entrare nell’Ue. Così come di Georgia e Moldavia, due paesi terrorizzati dalle mire espansionistiche di Mosca e prive dell’ombrello della Nato. Per loro diventare paesi membri sarebbe una garanzia di sicurezza, ma l’adesione, in genere, ha tempi molto lunghi e richiede una serie di riforme strutturali interne. È probabile, infine, che il testo della dichiarazione finale possa ospitare “una clausola di solidarietà” tesa a rafforzare la reciproca cooperazione alla difesa tra Ue, Svezia e Finlandia, paesi tradizionalmente neutrali. A dimostrazione che lo shock della guerra sta rivoluzionando gli assetti strategici del continente.
Giornalista, direttore di Libertà Eguale e della Fondazione PER. Collaboratore de ‘Linkiesta’ e de ‘Il Riformista’, si è occupato di comunicazione e media relations presso l’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale del Lazio. Direttore responsabile di Labsus, è stato componente della Direzione nazionale di Cittadinanzattiva dal 2000 al 2016 e, precedentemente, vicepresidente nazionale della Fuci. Ha collaborato con Cristiano sociali news, L’Unità, Il Sole 24 Ore, Europa, Critica Liberale e Democratica. Ha curato il volume “Riformisti. L’Italia che cambia e la nuova sovranità dell’Europa” (Rubbettino 2018).