di Roberto Castaldi
Il Ministro Crosetto ha scritto una lettera al Corriere per spiegare la realtà della situazione riguardo alla difesa europea alla luce dei Trattati. Ma sembra non aver letto bene i Trattati UE e NATO. Vediamo cosa dicono davvero.
Secondo Crosetto: “A differenza dell’articolo 5 della Nato, così spesso citato, a volte anche a sproposito, il quale impone a tutti gli alleati di intervenire in difesa di un membro che venga attaccato, il Trattato di Maastricht, poi modificato a Lisbona (all’art. 42) «non» prevede un obbligo vincolante di intervento. Ogni eventuale aiuto militare dipenderebbe, esclusivamente, dalla volontà politica dei singoli Stati membri, senza alcuna garanzia di un’azione collettiva immediata. Questo rende evidente che la difesa europea, rebus sic stantibus, non può sostituire la Nato né offrire lo stesso livello di protezione.” In realtà è esattamente il contrario!
L’Art. 42 paragrafo 7 del Trattato sull’UE prevede l’obbligo per gli Stati membri di aiutarsi in caso di attacco in modo molto più netto che l’art. 5 della NATO. L’Art. 42 prevede: “7. Qualora uno Stato membro subisca un’aggressione armata nel suo territorio, gli altri Stati membri sono tenuti a prestargli aiuto e assistenza con tutti i mezzi in loro possesso, in conformità dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite. Ciò non pregiudica il carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di taluni Stati membri.” Quindi tutti gli Stati membri dell’UE, anche quelli neutrali, o che non fanno parte della NATO, sono tenuti a prestare aiuto e assistenza con tutti i mezzi in loro possesso.
Invece, l’art. 5 della NATO prevede: “Le parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell’America settentrionale sarà considerato come un attacco diretto contro tutte le parti, e di conseguenza convengono che se un tale attacco si producesse, ciascuna di esse, nell’esercizio del diritto di legittima difesa, individuale o collettiva, riconosciuto dall’ari. 51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti così attaccate intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l’azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l’uso della forza armata, per ristabilire e mantenere la sicurezza nella regione dell’Atlantico settentrionale”. Cioè ogni membro della NATO è chiamato all’assistenza nelle forme che giudicherà necessarie, che possono comprendere, ma non necessariamente, l’uso della forza armata. Tale formulazione è molto meno stringente e vincolante rispetto a “con tutti i mezzi in loro possesso” prevista dal Trattato sull’Unione Europa. Proprio l’opposto di quanto sostiene il Ministro Crosetto.
Crosetto è recidivo. Anche in passato aveva fatto sul tema affermazioni che non trovano riscontro nei Trattati europei. Ed Euractiv Italia gli aveva posto alcune domande al riguardo …
Crosetto ricorda che per creare una difesa europea l’art. 42 prevede una decisione all’unanimità, che al momento non è stata presa. Ma anche la NATO decide sempre all’unanimità. E sostiene che l’UE non abbia alcuna competenza sulla difesa perché “la sicurezza nazionale resta di esclusiva competenza di ciascuno Stato membro”. Ma la sicurezza nazionale è cosa diversa dalla difesa. L’Unione ha delle competenze in materia di politica estera, sicurezza e difesa. Tanto da avere un’Agenzia per la Difesa, un Fondo per la Difesa, un Commissario alla difesa, che ha appena presentato un Libro Bianco sulla difesa, mentre stiamo discutendo di emettere 150 miliardi di eurobonds per finanziare progetti comuni volti a costituire una difesa europea.
Il Trattato sull’Unione Europea prevede la possibilità per alcuni Paesi di procedere a una maggiore integrazione nel campo della difesa, aggirando l’unanimità: la Cooperazione strutturata permanente sulla difesa (PESCO), descritta all’art. 46 e nel Protocollo 10, ma citata anche nel Preambolo, negli art. 24 e 42. Questa può essere autorizzata a maggioranza qualificata. Finora è stata utilizzata solo per progetti di cooperazione industriale militare. Ma potrebbe essere utilizzata per creare una Forza di intervento rapido europea – come quella da 60.000 unità decisa dal Consiglio Europeo di Helsinki nel 1999 e mai implementata – o per “europeizzare” e riportare nel quadro dell’Unione tutte le cooperazioni militari bilaterali e multilaterali esistenti tra gli Stati membri, come la Brigata franco-tedesca, l’Eurocorpo, lo Squadrone Navale Baltico, ecc. O per creare una vera difesa europea, con un sistema anti-missile europea, un centro di comando europeo, ecc.
Insomma, creare una vera difesa europea è possibile. Gli strumenti giuridici per farlo esistono. Ciò che manca è la volontà politica. Soprattutto da parte di Crosetto e del governo, che rischia così di tagliar fuori l’Italia dal nucleo di testa dell’integrazione europea, che si va costruendo intorno al progetto di dar vita a una difesa europea.