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di Umberto Minopoli

 

Il Pd deve tornare a parlare di politica. E tentare di ritrovare una funzione politica. Il governo, infatti, potrebbe precipitare. Più prima che poi.

 

In crisi il compromesso tra Lega e M5S

Con l’Europa si apre il contenzioso. Come evolverà? Il “contratto di governo” è già saltato: tra Lega e Cinquestelle le crepe sono ormai cleavages (fossati). Il compromesso su cui si basa (sicurezza e migranti a Salvini, economia e giustizia ai Cinquestelle) è in frantumi. E l’epicentro dei problemi e delle difficoltà del governo sta nell’economia e nei Cinquestelle.

Salvini rischia di pregiudicare il suo consenso sulla sicurezza con il disastro in economia. Non solo con lo spread che colpisce il suo elettorato (svalorizzazione del risparmio e difficoltà bancarie che si abbattono su mutui e prestiti ai privati). Ma con lo scontro sulle grandi opere. E soprattutto con il fatto evidente che per pagare il reddito di cittadinanza si deve, nei fatti, rinunciare alla promessa della flat tax e del risparmio di tasse.

 

L’ipotesi di governo Pd-Cinquestelle sarebbe incoerente

Che farà il Pd in caso di crisi di governo? Una parte di esso – gli avversari interni di Renzi – spera in segreto, in caso di crisi di governo, che Mattarella tenti l’ipotesi di un governo Pd-Cinquestelle.

Costituzionalmente lo potrebbe. Ma siamo sicuri che, sulla base di questi 5 mesi di governo, stavolta è quello che Mattarella auspichi (se mai l’ha auspicato in passato)? Sarebbe incomprensibile e contraddittorio con l’azione che Mattarella sta oggi svolgendo: spingere a cambiare la manovra per rassicurare i partners europei.

E chi o cosa impedisce, oggi, il cambio della manovra? A parole Salvini e Di Maio. Nei fatti Di Maio e i Cinquestelle. Per un fatto oggettivo ed evidente: cambiare la manovra significa rinviare e annullare il reddito di cittadinanza e la spesa improduttiva (dovuta ai Cinquestelle) che fanno temere:

– deficit e debito in crescendo

– crescita compromessa da debole spesa per investimenti

– peso crescente degli interessi sul debito (che riduce le risorse per gli investimenti pubblici e privati).

 

Cinquestelle epicentro della crisi incombente

E’ l’ipotesi dei Cinquestelle sull’economia e sulla manovra l’epicentro della crisi incombente. Ve l’immaginate che Mattarella possa dare il bastone del governo ai Cinquestelle dopo che per colpa loro (reddito di cittadinanza e decreto dignità) sta precipitando la crisi con l’Europa e sta precipitando l’economia italiana (crescita zero e aumento della disoccupazione)? Impossibile. Una sciocchezza. Non succederà.

Il Pd allora, invece di occuparsi solo di moltiplicare le candidature alla segreteria, farebbe bene a discutere di politica, di scenari possibili. E, se fossi nei suoi dirigenti, non mi consegnerei a fare da ciambella ai Cinquestelle in crisi e in declino dando loro la certezza che, in caso di crisi, il Pd ha solo l’opzione di sostituirsi a Salvini nell’alleanza con i grillini.

Con coraggio e fantasia il Pd dovrebbe lavorare anche ad altri scenari. Quello con i Cinquestelle è precluso dalla realtà della loro prova di governo. Che ci ha portato, in soli 5 mesi, all’impasse e al disastro in economia.

 

Il ruolo di Minniti

Un primo atto di un Pd che torna alla politica, che parli al paese – e non ai suoi iscritti -, agli elettori – e non ai dirigenti – sarebbe dare la guida a Minniti. Non perché lui abbia un disegno particolare o la chiave dei problemi. Ma perché, trattandosi di un uomo di governo e di Stato, non avrebbe il vezzo di interessarsi della minutaglia burocratica e di corrente, del posizionamento dei dirigenti, della disputa idiota su quanto occorra essere distanti da Renzi (che è una risorsa e non un problema), del dibattito su cos’è sinistra e se i Cinquestelle lo sono. Perdita di tempo.

Minniti posizionerebbe il Pd sui temi della politica e dello Stato. Un gran bel passo avanti rispetto all’attualità del Pd.

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