di Alessandro Maran
Come sarà, per esempio, viaggiare o andare a scuola dopo il Covid-19? In margine al DL Rilancio.
Nelle ultime settimane, i media (e quelli americani in particolare) si sono concentrati sul dopo Covid-19. Secondo la maggior parte degli analisti, lo scossone che il virus sta dando al pianeta è così violento che nulla sarà più come prima. C’è chi ipotizza uno sconvolgimento degli equilibri mondiali e chi ritiene che, comunque, la pandemia cambierà per sempre le nostre vite. Insomma, quasi all’unanimità, gli esperti sostengono che il mondo post-Covid-19 sarà molto diverso da quello che abbiamo conosciuto e che dovremmo cominciare a pensarci, e magari a prendere le necessarie contromisure.
Anche Fareed Zakaria, domenica scorsa, ha dedicato al tema la puntata di GPS, il più importante programma di politica internazionale della CNN. Nel corso dello speciale, “The Post-Covid-19 World”, Zakaria ha chiesto a studiosi ed esperti in che modo la pandemia potrebbe determinare cambiamenti duraturi nelle nostre società, dalla geopolitica all’economia, fino al modo in cui viviamo.
In diversi paesi europei, ad esempio, i ragazzi cominciano a tornare a scuola, ma dato che la chiusura delle scuole e l’insegnamento a distanza altrove restano ancora la norma, Fareed Zakaria ha chiesto al presidente dell’Arizona State University, Michael Crow, un pioniere della formazione online, se questa sarà la «nuova normalità» e come funzionerà l’istruzione nel mondo post-Covid-19. Secondo Crow, che di recente ha pubblicato «Designing the New American University», il vero problema non è garantire a tutti l’accesso alle tecnologie, questa è la parte facile; la parte difficile, la vera sfida, è il cambiamento culturale: cambiare gli insegnanti, le scuole, l’università.
Inoltre, visto che la possibilità di viaggiare da un posto all’altro, di visitare luoghi e di cambiare il luogo in cui risiedere o lavorare, sono, ad esempio, caratteristiche fondamentali della nostra epoca e che gli spostamenti globali sono temporaneamente interrotti, Fareed Zakaria ha chiesto a James Fallows (scrittore e storico cronista dell’Atlantic) se, dopo il Covid-19, gli aeroplani, i treni, le navi e gli hotel, funzioneranno ancora come prima. Il corrispondente della rivista americana (che nel tempo libero pilota piccoli aerei) ha detto che molto probabilmente il Covid-19 cambierà il trasporto aereo negli anni a venire e, in un articolo sull’Atlantic, ha indagato sulla possibile durata della sospensione dei voli e su quel che attende i viaggiatori.
«Quando le compagnie aeree torneranno alla ‘normalità’ come la conoscevamo qualche mese fa? Questa è la domanda che ho rivolto a tutti quelli con cui ho parlato», scrive Fallows. «‘Forse cinque anni’, ha detto una persona. ‘Penso quattro anni’, ha detto un ottimista. Un’altra persona ipotizza sette. ‘Credo mai’, ha detto un pilota di linea, ora in congedo a tempo indeterminato».
Il trasporto aereo è diventato più economico e più accessibile negli ultimi decenni, ma Fallows si chiede se questa tendenza non sia destinata ad invertirsi, ipotizzando che dopo la pandemia, possiamo aspettarci sui voli posti intermedi vacanti; un grande mal di testa logistico per la disinfezione, dopo che ogni passeggero passa attraverso i controlli di sicurezza, di ognuno dei contenitori di plastica in cui è obbligatorio mettere bagagli, portafogli, telefoni, oggetti vari, borse e a volte anche scarpe, prima di passare ai raggi x; e una modifica della cultura precauzionale dello stesso livello delle modifiche introdotte dopo l’11 settembre.
Va da sé, dunque, che una delle scelte di politica industriale che avrebbero dovuto (almeno) fare capolino nel Decreto Rilancio è proprio quella sul trasporto aereo. Se il mondo post-Covid-19 sarà molto diverso da quello che abbiamo conosciuto, forse dovremmo pensarci su, e magari prendere atto che per Alitalia non c’è un futuro (non c’era in realtà prima del Covid-19 e non c’è adesso); e lo stesso vale per Tirrenia (altra impresa in dissesto) alla luce dell’evoluzione del trasporto marittimo. Invece, si stanzia una enormità di risorse senza una logica industriale (per la competitività). Un miliardo e mezzo per l’università, tre miliardi per la nazionalizzazione di Alitalia: il confronto la dice lunga. Inoltre, visto che ci chiedevamo come funzionerà l’istruzione nel mondo post pandemia, le scuole restano chiuse, ma il governo annuncia l’assunzione di 16.000 precari.
Si è parlato, a proposito delle conseguenze della pandemia, addirittura di «era glaciale», ribadendo che niente sarà più come prima. Sarà senz’altro vero, come peraltro spiegano Michael Crow e James Fallows, ma è difficile sfuggire all’impressione che al solito, dalle nostre parti, «remiamo – come scriveva Francis Scott Fitzgerald -, barche controcorrente, risospinti senza sosta nel passato».