Rassegna dei principali risultati concreti conseguiti dai Governi Renzi e Gentiloni nel corso della XVII legislatura, 1° marzo 2018 – La sconfitta nel referendum e la perdurante necessità della riforma costituzionale.
Nel momento in cui gli italiani sono chiamati a dare un giudizio su quel che è accaduto nel loro Paese negli ultimi cinque anni e scegliere la direzione in cui esso deve muoversi nei prossimi cinque, a me sembra che i fatti più rilevanti si possano sintetizzare così:
– in questi anni in cui tutti i grandi Paesi europei sono stati colpiti da gravissimi attentati del terrorismo islamico, l’Italia è l’unico che ha saputo prevenirli efficacemente;
– all’inizio del 2014 le procedure di infrazione all’ordinamento UE a carico dell’Italia erano 121; oggi sono 58, meno della metà; ciò che implica meno sanzioni (con un risparmio di circa due miliardi l’anno) e più peso e credibilità del nostro Paese nella UE;
– sul fronte dell’immigrazione dal nord-Africa il presidente della UE ha detto che “l’Italia sta salvando l’onore dell’Europa”;
– in questi stessi anni l’Italia è uscita dalla recessione e ha fatto registrare un aumento di oltre un milione di posti di lavoro, di cui circa metà stabili: all’inizio della legislatura nessuno avrebbe osato puntare a questo obiettivo;
– nonostante le difficoltà parlamentari, in Italia si è realizzata la riforma del lavoro più incisiva dopo quella del 1970, salutata dagli osservatori stranieri qualificati come indispensabile allineamento ai migliori standard dell’occidente industrializzato;
– la legge sulla scuola ha realizzato una maggioreresponsabilizzazione dei dirigenti degli istituti scolastici e l’attribuzione agli stessi di maggiori prerogative organizzative per consentire loro di far fronte alle nuove responsabilità;
– dopo decenni in cui se ne è soltanto parlato, l’Italia finalmente si è data uno strumento stabile per la lotta contro la povertà, che certo andrà perfezionato e potenziato nel prossimo futuro, ma ora costituisce una struttura moderna a disposizione del Governo centrale e delle Amministrazioni locali;
– dopo decenni in cui se ne è soltanto parlato, l’intervento decisivo del Governo ha consentito all’Italia di darsi finalmente una legge sulle unioni civili;
– dopo decenni in cui se ne è soltanto parlato, l’Italia si è data una legge sul bio-testamento;
– dopo decenni in cui se ne è soltanto parlato, abbiamo finalmente varato la legge sul divorzio breve per le coppie senza figli;
– dopo decenni in cui se ne è soltanto parlato, abbiamo finalmente varato la riforma delle banche popolari;
– dopo decenni in cui se ne è soltanto parlato, abbiamo finalmente realizzato la riscrittura integrale del diritto fallimentare;
– e l’elenco delle cose fatte potrebbe continuare ancora a lungo.
Tutti coloro che, in considerazione di questi risultati, considerano l’Italia di oggi un po’ migliore rispetto a quella di cinque anni fa, un po’ meno provinciale e più pronta a integrarsi in una nuova Unione Europea, devono chiedersi come si sono comportate le forze politiche di opposizione su ciascuno di questi capitoli e sul processo di integrazione europea nel suo complesso. E devono chiedersi quali di questi risultati avrebbero potuto essere conseguiti, se i Governi Renzi e Gentiloni non avessero saputo resuscitare una legislatura che, al suo inizio, sembrava nata morta.
Vero è che la performance politica del Pd in questa XVII legislatura è oscurata da un’ombra grave: la sconfitta nella battaglia per la riforma costituzionale. Ma è anche vero che mai come in questo momento abbiamo percepito la necessità, anzi l’urgenza, di una riforma costituzionale che vada nella direzione di quella bocciata dal referendum, cioè nel senso del monocameralismo e di una coniugazione migliore tra il principio della democrazia rappresentativa e quello della necessaria governabilità. Un riforma che liberi il Paese dal rischio della paralisi politica. In questa legislatura il Pd, pur con tutti i suoi difetti ed errori, si è fatto carico da solo di questa battaglia. La riforma costituzionale sulla quale è stato indetto il referendum non era la migliore possibile; ma è indispensabile che l’esigenza cui essa si proponeva di rispondere venga posta con forza all’ordine del giorno della prossima legislatura. In questo vedo un tredicesimo motivo, e certo non ultimo per importanza, per sostenere col voto il Pd e i suoi alleati.
Già senatore del Partito democratico e membro della Commissione Lavoro, fa parte della presidenza di Libertàeguale. Ordinario di Diritto del lavoro all’Università statale di Milano, già dirigente sindacale della Cgil, ha diretto la Rivista italiana di diritto del lavoro e collabora con il Corriere della Sera. Twitter: @PietroIchino