di Pietro Ichino
Invece del “lavorare meno per lavorare tutti” proposto da Landini, perché non investiamo su di un sistema di servizi alle famiglie e alle persone non autosufficienti, che dia lavoro ai giovani e favorisca quello delle donne?
Il segretario della Cgil Landini propone un grande “contratto di solidarietà” nazionale ispirato all’idea antica del “lavorare meno per lavorare tutti”. Più originale è il progetto annunciato da una filosofa e un politologo canadesi (*), che combina quell’idea antica con l’idea inedita di un obbligo per tutti di almeno 22 ore alla settimana di lavoro di cura non retribuito, in funzione di un drastico aumento dell’occupazione femminile retribuita, da un lato, e di quella maschile nelle attività domestiche dall’altro.
Vedremo come il libro contenente questo progetto risponderà alle obiezioni che da mezzo secolo vengono opposte a tutti i progetti di fondati sul principio “lavorare meno per lavorare tutti”: obiezioni che trovano fondamento empirico anche negli esiti dei due grandi esperimenti compiuti su questo terreno dalla Francia nel 1981 e nel 2001. E vedremo se spiegherà come si possa controllare l’adempimento dell’obbligo di lavoro di cura non retribuito.
Ma, al di là di queste obiezioni, non è più semplice seguire l’esempio dei Paesi scandinavi? Essi impegnano una porzione della forza-lavoro molto maggiore rispetto agli altri in un sistema capillare di servizi alle persone non autosufficienti, agli anziani, alle famiglie in cui nascono bimbi, svolti da persone debitamente formate e retribuite, in forma domiciliare o presso appositi centri.
In quei Paesi la disponibilità di questi servizi si combina con i tassi più alti del mondo di occupazione femminile e di condivisione tra i coniugi del lavoro domestico.
Oggi – con i fondi europei del MES e quelli del Next Generation Plan – all’Italia si offre la possibilità straordinaria di compiere un balzo avanti in questa direzione, abbandonando il vecchio “equilibrio mediterraneo” che la ha caratterizzata fin qui (welfare fondato sulla famiglia, quindi sul lavoro casalingo di madri e nonne, e bassissimo tasso di occupazione femminile retribuita) e creando abbondante domanda di lavoro qualificato per le nuove generazioni. Che cosa aspettiamo a impegnarci su questo terreno?
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(1) Jennifer Nadelsky e Tom Malleson, A Case-Manifesto: Part-Time for All, Oxford University Press, annunciato in uscita all’inizio dell’anno prossimo. Del contenuto del libro viene offerta una sintesi nell’articolo degli stessi Autori pubblicato sul trimestrale Munera, n. 3/2020, pp. 19-31.
Tratto da www.pietroichino.it
In argomento v. anche Le virtù e gli alti costi dell’Italia fatta in casa, recensione di Francesco Giavazzi al libro di Alberto Alesina e Andrea Ichino, L’Italia fatta in casa (Mondadori, 2009)
Già senatore del Partito democratico e membro della Commissione Lavoro, fa parte della presidenza di Libertàeguale. Ordinario di Diritto del lavoro all’Università statale di Milano, già dirigente sindacale della Cgil, ha diretto la Rivista italiana di diritto del lavoro e collabora con il Corriere della Sera. Twitter: @PietroIchino