di Danilo Di Matteo
Poco fa ascoltavo, al Tg1, un gruppetto di donne iraniane (o filoiraniane) che intonavano “El pueblo unido”. L’espressione di un anelito che congiunge i secoli (il XX e il XXI) e i continenti: “canzone di libertà”, recita non a caso il testo.
Del resto, gli stessi bolscevichi fecero leva sull’aspirazione alla proprietà della terra da parte di milioni di persone. “La terra ai contadini!”, ecco l’esortazione che fece breccia: emerge chiaramente dal celebre libro “I dieci giorni che sconvolsero il mondo”, di John Reed.
La storia sembra porci davanti a un dilemma, dunque: anelito versus organizzazione. L’anelito, cioè, pare infrangersi sullo scoglio del bisogno di tradurlo in presenza e realtà organizzata. A proposito della spinta delle ragazze, e di altri soggetti, in Iran, non a caso il filosofo Biagio de Giovanni, in occasione di un recente incontro, ha usato l’espressione “anelito di libertà”.
Paradossalmente, il bolscevismo e persino la “rivoluzione islamica” dell’Iran provarono a interpretare aneliti, e fermenti, di libertà, approdando a tirannie anche peggiori delle precedenti.
E, più in generale, oggi in tutto il mondo, Occidente compreso, la questione di fondo è proprio quella di tradurre i principi di libertà e di giustizia in eventi e in organizzazioni. Intorno alle parole d’ordine “Donne Vita Libertà”, ad esempio, non manca un minimo di organizzazione su scala globale, grazie soprattutto al web. Basterà?
La vicenda radicale, del resto, esprime proprio la ricerca tenace, il tentativo di dare un’organizzazione “minima” alle istanze di libertà e giustizia. Non a caso sono soprattutto i radicali, da noi, a promuovere le marce per gli iraniani e per le iraniane. E di nuovo: basterà? Talora, in passato, è stato sufficiente, stupendo il mondo o, semplicemente, l’Italia. Altre volte no. Talora rivoluzioni nonviolente sono state seguite da sommovimenti violenti, o viceversa.
Che vi sia una difficoltà a dare corpo agli aneliti, in ogni caso, è indubbio.
Psichiatra e psicoterapeuta con la passione per la politica e la filosofia. Si iscrisse alla Fgci pensando che il Pci fosse già socialdemocratico, rimanendo poi sempre eretico e allineato. Collabora con diversi periodici. Ha scritto “L’esilio della parola”. Il tema del silenzio nel pensiero di André Neher (Mimesis 2020), Psicosi, libertà e pensiero (Manni 2021), Quale faro per la sinistra? La sinistra italiana tra XX e XXI secolo (Guida 2022) e la silloge poetica Nescio. Non so (Helicon 2024) È uno degli autori di Poesia e Filosofia. I domini contesi (a cura di Stefano Iori e Rosa Pierno, Gilgamesh 2021) e di Per un nuovo universalismo. L’apporto della religiosità alla cultura laica (a cura di Andrea Billau, Castelvecchi 2023).