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Dopo Elisabetta resta la Global Britain. Che cosa possiamo aspettarci da Liz Truss

Vittorio Ferla domenica 11 Settembre 2022
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di Vittorio Ferla

 

Nonostante la scomparsa della regina Elisabetta (e la nomina della nuova premier Liz Truss a Balmoral, fatto che a posteriori acquisisce la forza simbolica di un passaggio d’epoca) è difficile immaginare sconvolgimenti nel posizionamento del Regno Unito sullo scacchiere internazionale.

Il prossimo biennio vedrà l’inizio del regno di Carlo III e un nuovo governo conservatore – in carica fino alle elezioni del 2024 – la cui guida, Liz Truss, era contraria alla Brexit così come David Cameron, il premier conservatore che aprì al referendum certo che il risultato sarebbe stato favorevole ai remainers. Sappiamo come è andata a finire. Dopo il voto dei cittadini, i governi conservatori hanno cavalcato l’onda. Liz Truss da ministro degli esteri ha spesso trattato con i colleghi europei l’uscita del Regno Unito dalla Ue. Ultimamente ha manifestato una grande severità nella gestione del protocollo che regola uno dei problemi principali della Brexit: la gestione dell’unico confine di terra tra Uk e Ue che separa la Repubblica d’Irlanda, stato membro, dall’Irlanda del Nord. Per molto tempo gli inglesi hanno rimandato il momento della verità che ora sembra arrivato. Truss minaccia di stracciare il protocollo con il rischio di ritornare alla “hard Brexit”: il che non sarebbe proprio il massimo per le relazioni tra Londra e Bruxelles. Resta il fatto che la stagione europea del Regno Unito è conclusa. Nulla esclude che in un lontano futuro qualcosa possa cambiare, ma è davvero improbabile a breve un ritorno del Regno Unito nella famiglia degli stati membri.

Per capire meglio la prospettiva della Global Britain bisognerebbe però rileggere il discorso pronunciato da Liz Truss, nel ruolo di ministro degli esteri, il 27 aprile di quest’anno alla Mansion House a Londra. Un vero e proprio inno alla resilienza del ‘mondo libero’, “unito all’Ucraina nella sua coraggiosa lotta per la libertà e l’autodeterminazione”. Con tanto di aiuti militari al governo di Kiev. Non a caso Volodymyr Zelenskyj stravede per il governo britannico e sarà probabilmente il primo capo di governo a incontrare la nuova premier. Truss spiega che il sostegno all’Ucraina va moltiplicato nel quadro di una visione del mondo molto chiara nella quale “la libertà e la democrazia sono rafforzate attraverso una rete di partnership economiche e di sicurezza. Dove gli aggressori sono contenuti e costretti a prendere una strada diversa. Questo è il premio a lungo termine: una nuova era di pace, sicurezza e prosperità”. Le sfide di oggi provengono dall’autoritarismo orientale. E, in special modo, dalla minaccia della Russia in Europa e della Cina nell’area dell’Indo-Pacifico. Con il classico pragmatismo che caratterizza la mentalità britannica, Truss non ha paura di affermare che Vladimir Putin è “un disperato interlocutore-canaglia senza alcun interesse per le norme internazionali”. Dopo la Guerra Fredda, i paesi occidentali hanno aperto le loro economie alla collaborazione con la Russia, ma Putin “ha preso i soldi del petrolio e del gas” e li ha usati per rafforzare il suo regime e attaccare l’Europa. Da questo Truss deduce che “il Wandel durch handel – il presupposto che l’integrazione economica guida il cambiamento politico – non ha funzionato. Ora abbiamo bisogno di un nuovo approccio, che unisca sicurezza e sicurezza economica, che costruisca alleanze globali più forti e in cui le nazioni libere siano più assertive e sicure di sé”.

Ciò significa massimo sostegno all’Ucraina – anche e soprattutto sul piano della difesa militare – fino alla vittoria di Kiev su Mosca. Significa pure immaginare una Nato globale. Apertura all’ingresso di Svezia e Finlandia e aumento delle spese militari per rafforzare ulteriormente la sicurezza euro-atlantica. Ma anche un impegno diretto nella sicurezza indo-pacifica per respingere l’aggressività militare della Cina.

Nella visione di Truss soffia lo spirito della Global Britain. Uno spirito che si giustifica con la storia di un paese che ha inventato la democrazia moderna e che ha sempre resistito, combattuto e vinto contro gli imperi continentali e contro le dittature nazifasciste. E che può contare su un sistema di relazioni esteso e potente, basato sui 56 stati indipendenti del Commonwealth, quasi tutti accomunati dalla passata appartenenza all’impero britannico. Carlo III, in qualità di sovrano del Regno Unito, è anche il capo dello stato di ben quindici paesi del Commonwealth: sono i cosiddetti reami, tra i quali, per esempio, l’Australia, il Canada e la Nuova Zelanda. A dispetto della progressiva autonomia di questi stati ex-colonie, resta un network significativo.

Insomma, la Brexit non deve far pensare che Londra si sia ripiegata in una forma moderna di nazionalismo autoriferito. Liz Truss lo spiega bene nel formidabile discorso di aprile. “La nostra prosperità e sicurezza devono essere costruite su una rete di partnership forti. Questo è ciò che ho descritto come la Rete della Libertà. Il principio fondamentale è che, indipendentemente dalle sfide, non dovremmo chiuderci in noi stessi e perseguire l’autarchia”, avverte. Parla di “autonomia aperta”, in un mondo minacciato da autocrati come Putin e Xi che “stanno cercando di minare le istituzioni multilaterali”. Ecco perché “partenariati come la Nato, il G7 e il Commonwealth sono vitali”. A questi vanno aggiunti altre organizzazioni delle quali il Regno Unito fa parte come per esempio l’Aukus, l’alleanza che mette insieme Australia, Uk e Usa ai fini di protezione militare contro la Cina. In questa prospettiva di difesa della democrazia globale, Truss si rivolge anche ai 141 paesi, di tutti i continenti, che hanno votato per condannare le azioni della Russia all’Onu. “Condivido la vostra fiducia fondamentale nella sovranità, nel fair play e nello stato di diritto. Quindi lavoriamo insieme. Creiamo legami più profondi. Cerchiamo di essere commercianti, investitori e partner migliori degli aggressori”: questo l’appello della ex ministro degli esteri.

Quale sarà il ruolo di Carlo III in questo rilancio della Global Britain? Difficile rispondere adesso: il sovrano non ha poteri diretti sulla politica estera del paese, ma svolge un ruolo simbolico che spesso potrà essere cruciale, così come ha dimostrato Elisabetta nel suo lunghissimo regno. Soprattutto, il nuovo re è un sincero ambientalista, impegnato da anni nella lotta ai cambiamenti climatici: su questo fronte prepariamoci a delle novità. Re Carlo potrebbe stupirci.

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