di Claudio Petruccioli
Rilanciamo con piacere per la sua grande attualità (vedi in proposito il recente articolo di Carlo Fusaro) questa “autointervista” sulle riforme elettorali e costituzionali già pubblicata il 6 novembre 2012 su “QdR” (Qualcosa di Riformista)
“Hai qualcosa da dire, cittadino Petruccioli? Parla”
“Guardo, penso e soffro per questo stato dell’Italia.”
“ Da quanto tempo?”.
“Da molto tempo; non ricordo neppure quanto. Un anno fa, però, ho avuto un lampo di speranza. Mi sembrò che quel nuovo governo, voluto da un Presidente che ha a cuore le sorti del Paese[1], potesse essere un primo passo. Si disse e si sperò – anche io sperai – che, mentre il governo si impegnava sul fronte dei conti e della credibilità internazionale, i partiti avrebbero messo un po’ d’ordine, si sarebbero “dati una regolata”. Invece sono sempre più frantumati, divisi, rissosi; sempre più spaventati, ma sempre più arroganti. E’ esplosa la fogna della corruzione, gli italiani “del rifiuto” sono aumentati e continuano ad aumentare. E il porcellum è sempre lì… Devo continuare?”
“Il quadro, lo riconosco, non è esaltante. Ma tu cosa avevi in testa?”
“Giocando sulla coincidenza fortuita della data, mi sono detto: Ecco potrebbe essere il 18 brumaio[2] nell’anno 63° della nostra Repubblica: finalmente si è capito che si devono cambiare le istituzioni. Questo può essere il primo passo.”
“Ma per andare dove?”
“Mi aspettavo la domanda. Voglio rispondere in modo chiaro. In altri Paesi (Germania, Inghilterra, Spagna) la “governabilità” è affidata (almeno lo è stata fin qui)[3] a partiti forti, solidi, stabili. Da noi – al momento – partiti del genere non ci sono; e ci vorrà tempo per averli, ammesso che ci si riesca. Nella attuale situazione italiana, il solo modello capace di assicurare la governabilità, di mettere nelle mani dei cittadini elettori le decisioni, di dare ai partiti il tempo e l’occasione per riformarsi e stabilizzarsi è quello che esiste in Francia da oltre mezzo secolo, che ha dato e continua a dare buona prova di sé”
“Non ti sembra di esagerare?”
“Esagerare?!! La prima commissione bicamerale per le riforme costituzionali, la Commissione Bozzi (un rispettabile signore liberale di vecchio stampo) fu insediata nel 1983, trent’anni fa; quando muovevo i miei primi passi a Montecitorio. Le sembra segno d’impazienza sperare che – dopo tanto tempo – si concluda finalmente qualcosa di serio e utile? E poi, sono stato educato al gradualismo; non pretendevo certo tutto e subito.”
“Chiacchiere, fumisterie. Non ho tempo da perdere. Dimmi cosa vuoi. In due parole!”
“Eccole: doppio turno. Vorrei che le prossime elezioni[4] si facessero a doppio turno. A me piacerebbe il doppio turno con collegi uninominali; mi piacerebbe anche la elezione a doppio turno di un Presidente della Repubblica che abbia esplicitamente poteri di governo. Per carità, senza eliminare la indispensabile fiducia del Parlamento; come, appunto, è in Francia. Insomma, mi piacerebbe quello che intravidi nel primo passo del 18 brumaio dell’altr’anno: il Presidente investe il Premier; il quale forma il governo e lo presenta al Parlamento; che decide se dare o meno la fiducia.
Tutto questo mi piacerebbe, ma non pretendo tanto. Mi accontenterei se – la prossima primavera- si facesse un secondo turno per assegnare il “premio di maggioranza”. Nel primo turno ciascuno si presenta come vuole e ciascuno vota per chi vuole. Se nessuno raggiunge la maggioranza assoluta, si va al ballottaggio fra due coalizioni: quella che vince ottiene un premio che, in aggiunta ai seggi conquistati al primo turno, la mette in condizione di governare. Con semplicissimi aggiustamenti si potrebbe farlo perfino con il porcellum. Sarebbe più semplice e convincente che fissare l’asticella del premio al 40-45%”.
“Come mai così minimalista!?”
“Sono certo che gli italiani capirebbero benissimo quanto il doppio turno sia razionale e produttivo. Impone piena responsabilità sia a chi chiede i voti sia a chi li dà. E consente a tutti di decidere davvero. Ai cittadini di decidere i governi che vogliono; e a chi governa di decidere e fare quel che considera necessario.
E poi, sono un inguaribile ottimista. Dopo l’investitura presidenziale del Premier del 18 brumaio 2011, un voto a doppio turno per il premio di maggioranza potrebbe essere, oggi, un altro passo. E in tempi non lunghi se ne potrebbero fare ulteriori: il doppio turno nei collegi uninominali per i deputati, e anche quello per il Presidente della Repubblica”.
“Più che una riforma mi sembra un patchwork!!”
“In mancanza d’altro, perché no? ”.
[1] Il riferimento è al varo del Governo Monti, nel novembre 2011
[2] Allusione al 18 brumaio 1799, quando Napoleone Bonaparte liquidò il Direttorio. Come è noto quella data fu ripresa da Karl Marx e applicata ironicamente a Luigi Bonaparte che si impadronì del potere in Francia a dicembre del 1852. Non c’era, dunque, coincidenza di date; il 18 brumaio, infatti, coincide con il 9 novembre del calendario gregoriano. E (qui, invece, la coincidenza è perfetta) il 9 novembre Napolitano nominò Monti senatore a vita incaricandolo, contemporaneamente di formare un nuovo governo.
[3] A sette anni di distanza, si deve riconoscere che la riserva in parentesi era assolutamente doverosa
[4] Sono quelle che si svolgeranno il 24 e 25 febbraio 2013, segnate dal boom dei 5stelle